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M5S, rumors su nuovi addii. I ribelli: "Noi restiamo"

11 dicembre 2020 | 18.43
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(Fotogramma)
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di Antonio Atte - Il timore è che l'esodo non sia finito. L'ultimo strappo in casa M5S si è consumato ieri, con l'addio di 4 deputati (Fabio Berardini, Carlo De Girolamo, Mara Lapia e Antonio Lombardo). Il voto sulla risoluzione di maggioranza relativa alla riforma del Mes, insieme alle modifiche ai decreti sicurezza, ha contribuito a esasperare i rapporti tra la frangia dissidente e i vertici pentastellati. E ora c'è chi scommette su nuovi addii.

Nei corridoi del Palazzo molti pentastellati danno per scontato il fatto che a breve diversi colleghi faranno le valigie per passare al Gruppo Misto (e qualcuno forse alla Lega o a Fratelli d'Italia). I principali indiziati sarebbero da ricercare tra i firmatari della lettera anti-Mes diffusa la settimana scorsa. I deputati Alvise Maniero e Raphael Raduzzi vengono descritti come i più filo-sovranisti. Ma entrambi negano di voler abbandonare il M5S.

"Sono gli stessi rumors da due anni", dice all'Adnkronos Maniero, che ribadisce: "Non mi interessa passare in altre forze politiche. Ho scelto il M5S per le cose bellissime che (unico) ha promesso, e per quelle lotto con tutta l'umiltà del mondo, ma anche contro il parere rispettabilissimo di Vito Crimi, che però è un reggente pro tempore da troppo in prorogatio. Magari è lui che non si trova bene col nostro programma...".

Il collega Raduzzi - che del capo politico Crimi ha chiesto le dimissioni un minuto dopo l'ok della Camera alla risoluzione sul Mes - smentisce seccamente l'ipotesi di un suo trasloco nella Lega: "Idiozia totale... Che poi col mio sindaco leghista litigo ogni 2x3. Immagino che queste voci voglia metterle in giro qualcuno per screditare, ma io non uscirò mai dal Movimento". Anche Andrea Colletti e Paolo Giuliodori affermano di non essere intenzionati a lasciare il M5S.

Quando la stessa domanda viene posta a Jessica Costanzo, invece, la parlamentare risponde: "Pongo le beghe interne in secondo piano, c'è una legge di bilancio in piena pandemia e non voglio che i dissidi interni si ripercuotano su migliaia di lavoratori in difficoltà. Questo fino a quando la mia dignità di persona non verrà calpestata".

Sullo sfondo resta sempre l'ipotesi di sanzioni disciplinari per i parlamentari che in Aula hanno votato in dissenso dal gruppo: si va dal richiamo alla sospensione o addirittura all'espulsione per i recidivi. "Ma se i probiviri decideranno di andare fino in fondo, la frattura nei Gruppi di Camera e Senato sarà difficilmente ricomponibile...", sussurra un pentastellato.

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