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M5S, scoppia grana restituzioni

11 ottobre 2019 | 16.49
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Telefonate di fuoco e chat roventi dei parlamentari a poche ore dall'appuntamento di Italia 5 Stelle. Rousseau nel mirino dei ritardatari

(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Telefonate di fuoco e chat roventi. La mattinata dei parlamentari M5S, a poche ore dall'appuntamento di Italia 5 Stelle, comincia così. A scaldare gli animi è un articolo del Messaggero in cui si parla di una stretta dei vertici grillini sui ritardatari, quelli che, eletti in Parlamento, non stanno versando quel che resta dal taglio di stipendi e diarie, regola aurea del Movimento. E sono tanti, tantissimi. Addirittura da gennaio scorso, stando a quanto pubblicato sul sito 'tirendiconto.it', 42 parlamentari non hanno mai versato -33 alla Camera e 9 al Senato- tra questi anche un deputato 'promosso' al governo, il ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti.

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Tra i ritardatari altro volto noto è quello di Carla Ruocco, ex membro del direttorio M5S, ferma coi versamenti a febbraio. Ma il caso più eclatante è quello del senatore Alfonso Ciampolillo: ha smesso di versare i soldi nel giugno del 2018. E i vertici grillini, si legge nell'articolo che ha fatto saltare i nervi delle truppe pentastellate, sarebbero pronti ad adire le vie legali non solo contro chi ha cambiato casacca passando ad altri partiti, ma anche contro chi non versa come dovrebbe. Ma chi ha evitato di farlo -è la giustificazione dei più- assicura di non aver versato perché diffida da una gestione giudicata 'poco trasparente'.

Il problema principale è, al solito, Rousseau. Perché il cosiddetto 'comitato rimborsi' che gestisce le restituzioni -presieduto da Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli e Francesco D'Uva, altro elemento che fa storcere il naso a molti- stabilisce che, nel caso in cui allo scioglimento dell'organo dovessero restare fondi a disposizione, questi verranno devoluti all'associazione Rousseau. Qualcuno in chat chiede che fine mai farebbero i soldi versati e non spesi semmai dovesse improvvisamente terminare la legislatura, e palesa il timore che finiscano proprio a Rousseau. Tacciando come "imbarazzante" l'articolo dell'atto costitutivo che lo prevede.

Non solo. Altro elemento che indispettisce molti è il residuo da restituire -3,6 milioni di euro e rotti- ad oggi fermo in cassa. Qualcuno propone, nelle chat interne, di chiedere a gran voce che i saldi non restino per troppo tempo sul conto del Comitato, chi controbatte di averlo già chiesto in passato a D'Uva senza ottenere alcun risultato. Un deputato -rispondendo piccato a chi richiama all'ordine i colleghi ritardatari- lamenta di aver chiesto l'estratto del conto corrente dove vengono inviato i bonifici e di non aver avuto risposte.

In queste ultime ore sono partite richieste di chiarimenti ai vertici M5S per calmare le acque. E ci sono state rassicurazioni: si punta a colpire soprattutto chi ha lasciato il Movimento per nuovi lidi, i cosiddetti 'voltagabbana'. Contro di loro si adiranno le vie legali e si starebbero accelerando i tempi per oliare il meccanismo e procedere. Il vicecapogruppo a Montecitorio Francesco Silvestri, in corsa per la presidenza del M5S Camera, assicura che le voci di pignoramento per i ritardatari "non stanno né in cielo né in terra".

Ma il malumore è palpabile in giorni già complicati, giorni in cui anche l'elezione dei capigruppo è diventato terreno di scontro e motivo di nervosismo. Qualcuno degli uomini più vicini a Di Maio, però, sottolinea come un segnale vada dato a chi evita di tagliarsi stipendi e diarie. "Prima ti rompevano le scatole anche se tardavi un mese - fa infatti notare un deputato - adesso c'è chi si permette di far passare un anno intero. Il caso Ciampolillo, fermo da giugno dello scorso anno, è emblematico e spinge molti colleghi a dire: 'se non versa lui da più di un anno, perché mai dovrei tagliarmi lo stipendio io?". Ma i numeri della maggioranza al Senato ballano e anche questo frena 'cartellini rossi' che un tempo sarebbero arrivati in un lampo.

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