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Mafia, blitz nel feudo di Messina Denaro

20 giugno 2020 | 07.13
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Spunta un pizzino del boss: voleva comprare un terreno appartenuto a Riina

Fotogramma
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Nuovo colpo alla rete dei fiancheggiatori del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. All'alba di oggi la Squadra mobile di Trapani ha arrestato due persone ritenute vicine al capomafia ricercato da quasi 30 anni. Una decina le perquisizioni eseguite dagli agenti della Squadra mobile, tra cui l'abitazione della famiglia Messina Denaro, a Castelvetrano, dove abita l’anziana madre del boss. In manette sono finiti Giuseppe Calcagno di 46 anni, di Campobello di Mazara (Trapani), e Marco Manzo, 55 anni, pregiudicato, di Campobello di Mazara, indagati per associazione di tipo mafioso ed estorsione. L’operazione è stata condotta dagli uomini della Squadra Mobile di Trapani diretta dal vicequestore aggiunto Fabrizio Mustaro con l’ausilio degli uomini della Questura, dei Commissariati della provincia e dei Reparti Prevenzione Crimine di Palermo e di Reggio Calabria, con unità cinofile e il Reparto Volo di Palermo. Sono stati impiegati 90 uomini della Polizia di Stato.

Tra gli indagati c'è anche il boss latitante Matteo Messina Denaro: ricercato dal 1993, è indagato nell’ambito dello stesso procedimento penale per tentata estorsione. Anche l’abitazione di Castelvetrano, dove risulta la residenza anagrafica del latitante, è stata sottoposta a perquisizione (VIDEO).

Nell'ambito dell blitz antimafia sono state notificate informazioni di garanzia ed eseguite perquisizioni nei territori di Marsala, Mazara del Vallo e Castelvetrano nei confronti di 15 indagati a vario titolo per associazione mafiosa, estorsione, detenzione di armi, favoreggiamento della latitanza del boss. L’indagine, denominata “Ermes Fase 3”, "ha disvelato che i 15 indagati, membri o contigui dei mandamenti mafiosi di Mazara del vallo e di Castelvetrano, si sono adoperati per garantirne gli interessi economici, il controllo del territorio e delle attività produttive da parte dell’associazione e per aver favorito, in passato, la comunicazione riservata con il latitante Matteo Messina Denaro", dicono gli inquirenti.

IL PIZZINO DEL BOSS - C'è anche la traccia di un 'pizzino', cioè di un biglietto del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro nell'indagine della Dda di Palermo. La notizia del 'pizzino' della primula rossa è spuntata durante una intercettazione.

Nel 2015 il boss Messina Denaro mandò un 'pizzino', un biglietto, ai suoi fiancheggiatori nel quale "mostra il suo interesse per l'acquisto di un terreno a Castelvetrano", il comune in cui è nato. "E la famiglia mafiosa è intervenuta per 'convincere' i proprietari a vendere il terreno", come dicono gli inquirenti. Il retroscena emerge dall'operazione. E' anche emerso un altro particolare ritenuto interessante dagli investigatori. Quello stesso terreno, in passato, era appartenuto al boss mafioso Totò Riina.

Le attività investigative "hanno dimostrato che l'assoggettamento del territorio e il controllo delle attività economico-imprenditoriali passava attraverso minacce e azioni violente, per la realizzazione delle quali era fondamentale un costante scambio di informazioni fra i vertici delle varie famiglie della provincia". E' quanto dicono gli inquirenti. "Sono state documentate le pressioni estorsive esercitate su un agricoltore marsalese, al fine di costringerlo a cedere a un membro dell’associazione un appezzamento di terreno, che invece avrebbe voluto acquistare per sé - dicono ancora -Le indagini hanno fatto luce anche su i contrasti fra uno degli indagati mafiosi e alcuni imprenditori agricoli e allevatori e su gli incontri tra mafiosi finalizzati a ricercare una soluzione".

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