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Mafia Capitale, tribunale riesame respinge ricorsi: Carminati resta in carcere

11 dicembre 2014 | 17.17
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Per l'ex Nar, Brugia, Lacopo e Testa resta l'accusa di associazione di stampo mafioso. Il Campidoglio si costituisce 'parte offesa'. Buzzi trasferito in un carcere sardo. Sul fronte politico il M5S chiede le dimissioni di Poletti e Fi insiste per un ritorno alle urne per il sindaco di Roma. L'eurodeputato Pd Bettini chiede a Marino di andare al voto per poi ricandidarsi. Il NYT: "Nessun angolo del Belpaese è immune dalla penetrazione criminale"

Massimo Carminati
Massimo Carminati

Il tribunale del Riesame ha confermato questa sera l'ordine di custodia in carcere per Massimo Carminati, che resta a Regina Coeli nella stessa cella che ospitò l'ex capitano delle SS Erich Priebke, Riccardo Brugia, Roberto Lacopo, Fabrizio Franco Testa ed Emilio Gammuto. Per Carminati, Brugia, Lacopo e Testa i giudici hanno confermato l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso con l'aggravante contestata al momento dell'arresto, per Emilio Gammuto è stata confermata soltanto l'accusa di corruzione. Il tribunale del Riesame ha invece disposto gli arresti domiciliari per un altro degli indagati, Raffaele Bracci, al quale è stato contestato il reato di usura. Commentando le decisioni prese oggi dal tribunale, i difensori di Carminati e degli altri indagati reclusi a Regina Coeli hanno detto: ''Attendiamo la motivazioni dei provvedimenti emessi oggi. Faremo comunque sicuramente ricorso in Cassazione''.

Intanto l'amministrazione capitolina si è costituita come "parte offesa" nel procedimento, lo ha annunciato lo stesso sindaco di Roma Ignazio Marino. Mentre il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone ieri aveva avvertito che ci saranno ulteriori blitz nella Capitale, l'Adnkronos apprende che il presidente della Coop 29 giugno, Salvatore Buzzi, uno dei protagonisti dell'inchiesta Mafia Capitale, mercoledì 3 dicembre è stato trasferito nel carcere nuorese di Badu 'e Carros dove è ora recluso in regime di alta sicurezza. Nel frattempo della vicenda italiana si è occupato il 'New York Times' secondo il quale "nessun angolo d'Italia è immune dalla penetrazione criminale".

Marino - Con l'atto firmato oggi, in qualità di legale pro tempore di Roma Capitale, Marino ha formalizzato alla Procura della Repubblica di Roma la costituzione dell’amministrazione quale parte offesa. L’atto precisa che la posizione di Roma Capitale è operata anche “in vista della futura costituzione di parte civile dell’amministrazione nel processo penale , per ottenere il risarcimento dei “danni morali e materiali conseguenti ai reati per cui si procede, che vedono il Comune quale parte offesa e danneggiata”. A sostegno della sua posizione, nelle sei pagine firmate dal sindaco Marino, Roma Capitale elenca le motivazioni di una simile scelta, a cominciare dal reato contestato, il 416 bis del Codice penale, che non soltanto reca una offesa all’ordine pubblico, ma impedisce al Comune “di esprimere la sua forza culturale, di coesione, di legalità, in sintesi la sua funzione”.

Un danno, si legge, perché si può parlare di “incompatibilità ontologica nella coesistenza tra Comune e associazione mafiosa, per come descritta nella norma del Codice penale e per come sta emergendo dal processo che ci occupa”. Per motivare la costituzione di parte offesa, prodromo della costituzione di parte civile, l’atto elenca anche la presenza di reati commessi a danno di servizi e appalti dell’amministrazione capitolina, la presenza dei reati di usura ed estorsione che ledono profondamente la figura e la funzione dell’amministrazione comunale, oltre che altre fattispecie di reato come l’intestazione fittizia di persone e il trasferimento fraudolento di valori, con conseguenti danni patrimoniali, funzionali e d’immagine.

Pignatone - "Non c'è un'unica associazione mafiosa che controlla Roma, come a Palermo o Reggio Calabria" aveva sottolineato alla Commissione parlamentare antimafia Pignatone sottolineando come "ci sono alcune associazioni specifiche che sono a Roma, come per esempio a Ostia i Fasciani e altre, collegate a Cosa nostra, nella città". "Non ci sono morti per strada? Non ci siamo basati su questo per parlare di associazione mafiosa, ma su quanto prevede il 416 bis, il quale prevede controllo capillare del territorio, struttura gerarchizzata, ma anche atti di violenza -ha aggiunto Pignatone-. A Roma non ci sono gli omicidi della 'ndrangheta o di Cosa nostra, ma anche le mafie tradizionali si sono evolute, e ci sono ora meno omicidi".

"Ma c'è il metodo mafioso, la violenza come metodo di intimidazione, per creare assoggettamento e omertà, come previsto dal 416 bis", ha spiegato il Pg. "Il capo è Carminati, Riccardo Brugia quello militare e Buzzi quello economico", quindi una struttura parzialmente "gerarchizzata", ma "che usa il metodo mafioso". "Con la giunta Marino rimane una presenza pesante, ma non più verticistica della criminalità. Restano Buzzi e le cooperative al centro delle indagini", ha spiegato Pignatone. "Restano poi i tentativi di corruzione, ma la situazione non è la stessa della giunta precedente".

La politica - Sul fronte politico va all'attacco il Movimento 5 Stelle. "Mafia capitale ha aggiunto un posto a tavola e il ministro del Lavoro Poletti ha gradito l’occasione per una cena conviviale. Ora dovrebbe trarne le conclusioni, riflettendo davvero sul suo ruolo di governo che a noi sembra incompatibile con certe frequentazioni, oltre che con i suoi trascorsi professionali", hanno sottolineato i deputati M5S che oggi hanno presentato un’interpellanza in aula "sui rapporti tra il titolare del dicastero del Lavoro e il boss delle coop rosse di Roma Salvatore Buzzi".

Il NYT - Della vicenda italiana si è occupato anche il New York Times che ha sottolineato come l'inchiesta di Roma "ricorda che praticamente nessun angolo d'Italia è immune dalla penetrazione criminale". Il quotidiano newyorchese ha evidenziato come lo scandalo "sollevi nuovi dubbi sulla capacità dell'Italia di riformarsi e ottemperare alle richieste di responsabilità fiscale da parte dei partner dell'eurozona. Anche per un paese dove la corruzione è data per scontata, le rivelazioni hanno scioccato i cittadini", ha notato il NYT secondo il quale "la diffusa e incontrollata corruzione relativa al denaro pubblico rivelata dall'inchiesta ha contribuito a gonfiare il debito nazionale italiano fino a farne uno dei più alti in Europa".

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