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Mafia, Mannino: "Che 'papello' fosse un imbroglio era chiaro da tempo"

02 novembre 2016 | 13.16
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Mannino con i difensori
Mannino con i difensori

"Che il 'papello' fosse un imbroglio lo si vedeva già dalle carte, e ora la gup nelle motivazioni della sentenza d'assoluzione non fa che confermarlo. Così come spiega che non solo gli elementi indiziari del processo fossero 'inadeguati', ma che non fossero idonei a fare un processo. E non lo dico io, da imputato assolto, ma il giudice". Calogero Mannino ha appena finito di leggere le oltre cinquecento pagine delle motivazioni della sentenza del giudice per le udienze preliminari di Palermo, Marina Petruzzella depositate lunedì pomeriggio presso la cancelleria del tribunale, a un anno dal verdetto. L'ex ministro era accusato di minaccia a corpo politico dello Stato, in una tranche del processo sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia, che vede tra gli imputati l'ex Presidente del Senato Nicola Mancino, ma anche il generale Mario Mori e l'ex senatore Marcello Dell'Utri. Il 3 novembre del 2015 il gup Petruzzella aveva emesso la sentenza di assoluzione e lunedì, a distanza di quasi un anno, ha depositato le motivazioni.

A caldo l'ex ministro aveva preferito non commentare le motivazioni, ma dopo avere letto le 513 pagine, spiega, in una intervista all'AdnKronos: "La mia linea di difesa è stata concentrata sul punto essenziale: una ipotesi di mia corresponsabilità nella trattativa - dice - Avendo la coscienza tranquilla, ho sempre escluso che sulla trattativa io abbia esercitato la benché minima influenza o iniziativa, e abbia avuto il benché minimo interesse. I miei rapporti con i Carabinieri che poi la Procura ha concentrato nei rapporti con il generale Antonio Subranni, o con il maresciallo Giuliano Guazzelli, sono rapporti che si collocano in una linea istituzionale. Insomma, "la mia linea difensiva è che io non c'entro con la trattativa, ammesso che ci sia stata", dice Calogero Mannino. Che aggiunge: "Io attendo giustizia da 23 anni...".

"Adesso c'è da fare un'altra riflessione - aggiunge Calogero Mannino - Il giudice ha preso il processo istruito dal suo collega Piergiorgio Morosini (oggi componente del Csm ndr). Se si va a guardare l'ordinanza del rinvio a giudizio, Morosini conclude sempre con un dubbio. Dice, ad esempio, che 'bisogna che i pm provino che Mannino ha influenzato l'avvio della trattativa'. Quindi, Morosini ha chiesto ai pm di indicare le prove, la gup Petruzzella ha trovato che queste prove non ci sono e tutti gli embrioni di prova, essendo suggestioni-sospetti, sono del tutto inadeguati, per quello che mi riguarda". "Ma avendo raccolto l'impianto processuale nel suo insieme - aggiunge l'ex ministro Mannino - lei ha dovuto anche affrontare l'argomento Ciancimino, e lo dice sulla base delle carte di Morosini. Le va dato onore al merito, ha preso tutti i fascicoli del processo e li ha studiati". Nelle motivazioni sono pesanti le valutazioni che il giudice esprime su uno dei principali testimoni del processo, Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino. Le sue dichiarazioni vengono considerate dal gup Petruzzella come "farraginose". E la copia del papello che ha consegnato, "una grossolana manipolazione".

"Che il papello fosse un imbroglio era una cosa che si vedeva nelle carte", ribadisce oggi Calogero Mannino. Che aggiunge: "Diciamolo chiaramente, quello sulla trattativa è un processo costruito mediaticamente, Secondo lei: io la prima udienza del processo l'ho fatta in Tribunale o in televisione da Michele Santoro? Anzi, devo dire che all'epoca Santoro si comportò con misura e vorrei dire quasi con lealtà. E' una costruzione mediatica". Mannino se la prende anche con i giornali: "Quotidiani nazionali importanti - dice -ò che hanno avuto un ruolo fondamentale nel creare opinione pubblica, si sono limitati a trafiletti o piccoli articoli...". "Poi, la gup dice un'altra cosa molto importante, che io ho sempre sostenuto: guardate che le stragi hanno la motivazione della vendetta del maxiprocesso ma hanno risposto a un disegno eversivo, e questa è storia. Su questo processo dovremmo fare ricerche storiche".

Poi, tornando a parlare del teste Massimo Ciancimino, ritenuto dal gup inattendibili, Calogero Mannino dice: "Io non ho mai parlato di Ciancimino figlio, neppure nelle mie dichiarazioni spontanee. Per Ciancimino figlio non parla mai di me. Io ho sempre fatto presente che a mio giudizio l'esclusione di Ciancimino padre dall Dc nel 1983 sia stata una causa della linea di fondo di tutta la vicenda criminale siciliana". "Ora il gup dice una cosa importante: Ciancimino padre non aveva buoni sentimenti nei confronti della DC e di alcuni democristiani. Ma poi dice di più: Caselli e Ingroia come ve lo siete caricati in più interrogatori nel 1993? Non vi è venuto in mente che questo signore, per i suoi interessi personali, potesse indurvi, influenzarvi, orientarvi su piste false? Le pare poco questo? Lei mette in dubbio il padre". "Insomma, con questa sentenza, il giudice non solo ha accolto le mie tesi difensive, attenendosi strettamente ad esse, ma è andata oltre".

E poi critica l'ex pm Antonio Ingroia che ha fatto dichiarazioni sulle motivazioni della sentenza: "Ma chi è Ingroia? Perché si dà questo rilievo a un'opinione del semplice cittadino Ingroia. Dismesso l'ufficio, dismessa la funzione, c'è solo il silenzio". Mannino, poi sull'appello che la Procura si prepara a fare dice: "E cosa altro mi devo aspettare? Pensate che subito dopo la sentenza un pm disse che la Procura avrebbe fatto opposizione, non disse 'Faremo appello, ma opposizione'. Da 23 anni attendo giustizia. E noi attendiamo con pazienza anche l'appello. Tanto i santi martiri della Chiesa sono pazienti...".

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