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Mafia nigeriana: torture e minacce stile Cosa nostra, 13 fermi a Palermo/Adnkronos

04 aprile 2019 | 19.43
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Un momento dell'affiliazione
Un momento dell'affiliazione

Bendati, picchiati selvaggiamente con il bastone, presi a schiaffi, costretti a ingurgitare un intruglio composto da sangue, urina e riso. Ecco, come avveniva l'affiliazione nella mafia nigeriana 'Eiye'. I particolari del rito di iniziazione, torture incluse, sono stati registrati dalle microspie della Squadra mobile di Palermo che all'alba di oggi ha fermato sette persone, mentre altre sei sono ancora ricercate. A tradire i boss nigeriani sono stati due pentiti e una ex prostituta che ha messo gli investigatori sulla pista giusta. E' stata lei, che oggi vive alla Caritas di Palermo, a raccontare ai pm le angherie subite anche mentre era in attesa del suo bambino. "Mi hanno costretto a prostituirmi mentre ero incinta - ha raccontato tra le lacrime - e poi ancora una settimana dopo il parto. E' stato terribile". L'ipotesi di reato contestata agli indagati è associazione a delinquere di stampo mafioso, la stessa che si contesta ai boss di Cosa nostra. Ma stavolta a finire in carcere sono presunti boss nigeriani che hanno utilizzato le stesse 'regole' di Cosa nostra. Dall'affiliazione alle violenze, alle minacce. L'operazione denominata “No Fly Zone” ha colpito un gruppo di matrice cultista che fa capo alla confraternita “Eiye” che è ramificata su tutto il territorio nazionale. I palermitani, come emerge dalle indagini della Dda di Palermo, erano in contatto con analoghi gruppi a Catania, Cagliari, Torino e Padova. Ad aiutare gli investigatori anche le intercettazioni, oltre alle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia e della ex prostituta. Ma anche Facebook. Come emerge dalle carte dell'inchiesta. "I social network si sono rivelati fonte non solo di dati e informazioni utilissime sulla vita personale degli indagati ma anche di fotografie e di immagini riconducibili al mondo e alla simbologia cultista che hanno attestato il legame associativo dei soggetti sui cui profili venivano reperite", dicono gli inquirenti.

Agghiaccianti i racconti delle affiliazioni. Come racconta un testimone diretto. "La notte in cui sono entrato negli Eiye è stata tremenda", ha spiegato il giovane nigeriano, vittima dei soprusi della gang di 'Eiye'. "Ero fuori, mi hanno bendato e fatto stendere per terra - ha raccontato - hanno preso un bastone e mi hanno picchiato in tutto il corpo. Mi hanno tolto la benda, mi hanno aperto gli occhi e mi hanno sputato qualcosa dentro, come del pepe. Io non riuscivo a vedere, mi davano schiaffi sulle orecchie, io volevo aprire gli occhi perché volevo che smettessero". "Ho aperto gli occhi, ho visto una persona che sembrava un ombra - ha ancora ricordato - Poi ho visto che mi facevano vedere le dita di una mano e mi chiedevano di dire quante ne vedevo. Ho detto 3, 4, 5 e poi mi hanno detto che ero 'rugged', che ero un membro e mi hanno sollevato". Un'escalation di violenza fino al giuramento finale. "Io sosterrò gli Eiye economicamente altrimenti il dio Jkjk mi stapperà gli occhi". I collaboratori hanno raccontato agli investigatori che "tutti i nigeriani hanno paura" degli esponenti della mafia nigeriana. In particolare degli esponenti delle 'cellule' Black Axe e Eiye. "E' come per gli italiani quando sentono parlare di mafiosi", ha detto ai pm che lo interrogavano.

E per gli affiliati che 'disubbidivano' erano previste sanzioni non solo pecuniarie ma anche, e soprattutto, corporali. Oltre alle vendette nei confronti dei figli, anche piccoli, e dei parenti. Secondo gli inquirenti gli affiliati "si avvalevano della forza di intimidazione del vincolo associativo", nonché "si avvalevano della condizione di assoggettamento e di omertà che dall'associazione deriva" e "che si sostanziava nell'osservanza delle rigorose regole interne di rispetto ed obbedienza alle direttive dei vertici". Le botte arrivavano in caso "di inosservanza nella pretesa dagli affiliati del versamento obbligatorio e periodico di somme di denaro prestabilite per le finalità del gruppo locale e per le finalità della casa madre nigeriana e "nel ricorso all esercizio di violenza". Per il dirigente della Squadra mobile Rodolfo Ruperti, la mafia nigeriana 'Eiye' sgominata all'alba di oggi è una "pericolosa organizzazione verticistica, il cui epicentro, definito 'nest', nido, è anche qui a Palermo". "Grazie alle intercettazioni abbiamo anche appreso le modalità di affiliazione che prevedono alcune formule di giuramento e fedeltà ben precise e altri rituali particolari", aggiunge Ruperti.

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