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Mafia, omicidio Bosio: Pm Teresi chiede l'ergastolo per il boss Madonia

05 maggio 2014 | 17.17
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Mafia, omicidio Bosio: Pm Teresi chiede l'ergastolo per il boss Madonia

Il Procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi ha chiesto oggi, al termine della requisitoria, la pena all'ergastolo per il boss Antonino Madonia, l'unico imputato del processo per l'omicidio di Sebastiano Bosio, il primario di chirurgia vascolare dell'ospedale Civico di Palermo, ucciso il 6 novembre del 1981 sotto il suo studio, in via Simone Cuccia. "Chiedo scusa ai familiari del dottor Bosio per i ritardi, non incolpevoli, in tutta questa vicenda", ha esordito il magistrato nella sua requisitoria davanti alla Corte d'assise di Palermo. Teresi, che rappresenta l'accusa con il pm Daniele Paci, ha ripercorso la vita del medico ucciso da Cosa nostra "perche' non si era mai voluto piegare ai boss mafiosi". Ad accusare l'unico imputato, Antonino Madonia, ci sono diversi collaboratori di giustizia, tra cui Francesco Onorato.

"Bosio venne ammazzato perché non era un dottore a disposizione di Cosa nostra, non era corrotto", aveva raccontato ai magistrati Onorato deponendo, in videoconferenza, al processo per l'omicidio del medico avvenuto quasi 33 anni fa a Palermo. "Era risaputo che questo medico - aveva detto Onorato - non fosse a nostra disposizione, non voleva falsificare le carte per i processi, insomma non era corrotto". Su Antonino Madonia, unico imputato nel processo e ritenuto il mandante ed esecutore materiale dell'omicidio, Onorato aveva detto: "Era una potenza in quel periodo".

Anche il pentito Francesco Di Carlo aveva deposto al processo per l'omicidio Bosio. “So che il professore Bosio si era accanito a operare un certo Pietro o Pino Fascella. Uscì una voce in Cosa nostra che il medico aveva curato questo Fascella, un mafioso della famiglia di Santa Maria di Gesù, ferito in un conflitto a fuoco dai poliziotti a Villagrazia. Venne colpito a un piede e gli fu amputato. Secondo i mafiosi non c’era bisogno di amputarglielo, il dottore lo avrebbe fatto perché era contro Cosa nostra e quindi doveva essere eliminato”, aveva raccontato in aula. “Cosa nostra - aveva proseguito - in quel periodo aveva a disposizione molti medici. Bosio era l'unico che non voleva avere niente a che fare con la mafia, per questo fu ucciso. Per esempio Michele Graviano ebbe un problema a un piede per un incidente in un cantiere. Ci voleva un medico bravo come Bosio, ma lui era inavvicinabile e Graviano fu ricoverato all'Ospizio marino”. Secondo Di Carlo, “il professore era pure restio a ospitare nell'ospedale per molto tempo i mafiosi in ospedale. L'omicidio fu deciso da Riina. Salvatore Micalizzi, sottocapo del mandamento di Partanna Mondello, mi disse che a uccidere Bosio erano stati Riina e Nino Madonia. Saro Riccobono, capo a Partanna, subì questa decisione".

Le indagini sul caso Bosio erano state archiviate negli anni '80 e riaperte tra il '95 e il '96, per essere poi di nuovo archiviate. Nel 2005 fu il pm Lia Sava, oggi Procuratore aggiunto a Caltanissetta, a riaprirle grazie alle dichiarazioni dei pentiti Francesco Di Carlo e Francesco Marino Mannoia, che avevano indicato fra i killer alcuni dei componenti della famiglia mafiosa dei Madonia di Resuttana. Secondo la tesi dei collaboranti, Bosio, chirurgo vascolare dell'ospedale Civico, considerato inavvicinabile dai boss, sarebbe stato ucciso per avere trattato senza il dovuto rispetto alcuni mafiosi e per non avere ottenuto i risultati clinici che altri si aspettavano.

Onorato nel 1996 in un interrogatorio con i Pm aveva detto di conoscere i mandanti ma non gli esecutori dell'omicidio. Nel 2006 però si ricordò che a uccidere fu Nino Madonia. “Quando uno parla è come un sacco che si svuota - aveva risposto alle contestazioni dell'avvocato Marco Clementi - ma non si svuota subito”. Nel 2006 è stata la stessa famiglia a chiedere la riapertura delle indagini sull’omicidio di Sebastiano Bosio. Al processo si sono costituiti parte civile, la moglie e le due figlie di Bosio, difese dall'avvocato Roberto Avellone e l’Ordine dei Medici, difeso dall’avvocato Mauro Torti.

Il processo e' stato rinviato al prossimo 22 marzo per le conclusioni delle aprti civili, il 9 giugno tocchera' alla difesa di Madonia e il 23 giugno dovrebbe essere emessa la sentenza.

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