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Sei fortunato? Se lo ammetti sei anche più felice

18 aprile 2016 | 15.19
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"Vedere noi stessi come persone che si sono costruite da sole ci porta ad essere meno generosi". Per Robert H. Frank, professore di Economia alla Cornell, le persone hanno un problema ad accettare la propria dose fortuna. In un lungo articolo sul 'The Atlantic' spiega come compiere un passo in questo senso le renderebbe più felici.

Secondo il professore della Cornell, le persone non si renderebbero conto di quanto sia centrale il ruolo che la fortuna gioca nelle loro vite. E' quanto emerge anche da uno studio del Pew Research Center, che cita a suo sostegno: le persone in fasce di reddito più alte ritengono, molto più delle persone con basso reddito, che gli individui diventino ricchi soprattuto perché hanno lavorato sodo. I più ricchi, quindi, minimizzano il ruolo degli altri fattori nella costruzione della propria vita. "E' preoccupante" - incalza il professore - "perché vedere noi stessi come persone che si sono fatte da sola, piuttosto che frutto di talento, lavoro e fortuna, ci porta ad essere meno generosi e meno consapevoli dell'apporto delle istituzioni". Chi, invece, riconosce che la propria carriera è stata costruita anche sulla coincidenza fortuita dell'essere la persona giusta al momento giusto, attribuisce maggiore importanza anche alla propria formazione scolastica e ai luoghi in cui ha vissuto. Non perché si è ingrati, ma perché, come spiega Frank, "eventi che vanno a nostro svantaggio sono più facili da ricordare rispetto a quelli che, invece, influiscono su di noi in modo positivo".

Riconoscere la propria dose di fortuna contribuisce non solo a rendere la persone più generose, ma potrebbe anche renderle più 'ricche'. I sociologi hanno studiato la percezione della gratitudine verso la propria sorte, scoprendo che produce una serie di cambiamenti fisici, psicologici e sociali. Il professor Frank cita a sostegno due studi, uno dell'Università della California e uno di quella del Minnesota, in cui i ricercatori hanno notato cambiamenti notevoli in un gruppo di persone a cui si era fatto notare la dose di casualità alla base della propria vita. Il gruppo riportava dolori meno frequenti e meno gravi e una migliore qualità del sonno. Alcuni si sono descritti come più aperti verso il prossimo e compassionevoli, quindi meno predisposti a sentirsi soli e isolati.

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