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'Cuore matto' per 1 milione di italiani, metà senza cure anti ictus

31 marzo 2014 | 17.55
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'Cuore matto' per 1 milione di italiani, metà senza cure anti ictus

Milano, 31 mar. (Adnkronos Salute) - Battito irregolare, fiato corto, sensazione di svenimento. Sono i sintomi della fibrillazione atriale, un'aritmia che che colpisce 2 italiani adulti su 100: circa 1 milione di connazionali che, per colpa del 'cuore matto', hanno un rischio di ictus moltiplicato per 5. Dei 200 mila stroke che si registrano ogni anno nel nostro Paese, 30-36 mila (circa 1 su 5) sono dovuti alla fibrillazione atriale. Ma è la punta di un iceberg, perché c'è un 20% di ictus 'misteriosi' (criptogenetici) che potrebbero nascondere una fibrillazione silenziosa.

Eppure l'87% di chi soffre di questa aritmia crede di rischiare l'infarto, ignorando che il pericolo è lo stroke. E gli studi sul campo indicano che in almeno la metà dei casi i pazienti con fibrillazione atriale non sono adeguatamente trattati per 'dribblare' l'ictus. O ricevono i farmaci sbagliati, o non ne assumono affatto. Grazie alle nuove terapie, invece, ogni anno si potrebbero evitare 11 mila ictus con un risparmio di 230 milioni di euro per il Servizio sanitario nazionale.

"Sottodiagnosi della fibrillazione atriale, ridotta consapevolezza del rischio ictus e sottotrattamento sono le 3 criticità" individuate da Giuseppe Di Pasquale, direttore dell'Unità operativa di cardiologia dell'ospedale Maggiore di Bologna, intervenuto oggi a Milano alla presentazione di uno studio di Hta (Health Technology Assessment) sull'impiego del rivaroxaban, un nuovo anticoagulante orale, nella prevenzione dell'ictus da fibrillazione atriale. "Si calcola che il 20% dei pazienti che soffrono di questa aritmia non abbia ricevuto una diagnosi", aggiunge Marco Volpe, Head of Life Sciences Division di Business Integration Partners. Fra chi l'ha ricevuta "il 15-16% non è trattato e il 37% riceve terapie inadeguate. Tre pazienti trattati su 4, infine, non vengono monitorati".

Uno dei 'nodi' chiave è la difficile gestione della terapia standard a base di warfarin, che implica frequenti controlli ematici per aggiustare il dosaggio, interazioni con cibi e altri farmaci e rischio di emorragie cerebrali. Il risultato è "una paura prescrittiva da parte dei medici - analizza Silvio Capizzi dell'Istituto di sanità pubblica, università Cattolica di Roma - e una scarsa aderenza al trattamento da parte dei pazienti: dopo un anno solo il 42% dei trattati è ancora in cura, dopo 2 anni appena il 24%".

Per superare i limiti del warfarin sono disponibili anche in Italia 3 nuovi anticoagulanti orali (rivaroxaban, dabigatran e apixaban) più maneggevoli e sicuri: dosaggio fisso, pochissime interazioni, basso rischio emorragico. Utilizzando uno di questi prodotti per raggiungere anche il 50-65% di pazienti con fibrillazione atriale che oggi ha un cosiddetto "bisogno clinico non soddisfatto, gli esperti calcolano "una più efficace prevenzione degli ictus, quantificabile in circa 11 mila casi evitabili all'anno - prosegue Capizzi - che corrisponderebbero a un risparmio per il Ssn di circa 230 milioni di euro. Si stima infatti che il costo medio annuo per paziente colpito da ictus a carico del Ssn sia di circa 20 mila euro, mentre ammontano a circa 30 mila euro i costi medi annui per paziente a carico della famiglia (6 mila euro) e della collettività (24 mila).

Indicazioni utili a migliorare la gestione dei pazienti con fibrillazione atriale arriva anche dal Dmo (Disease Management Optimization), un'analisi che permette di studiare nuovi modelli organizzativi per patologie definite "rilevanti", che colpiscono un italiano su 4 assorbendo il 60% della spesa sanitaria. Si dimostra così che "si può vincere la sfida di assicurare a questi pazienti un'assistenza migliore e l'accesso alle nuove terapie disponibili", assicura Volpe.

"Le positive esperienze realizzate con il Dmo in Puglia, Toscana e Sicilia - riferisce - mostrano che le specificità locali non sono una barriera. In ogni contesto è possibile identificare una o più modalità d'azione e intervenire per gestire al meglio la fibrillazione, ridurre il numero di ictus, i tassi di mortalità e disabilità, senza investimenti aggiuntivi. Gli interventi posso essere campagne di screening mirato, protocolli per la gestione delle aritmie, percorsi per potenziare l'appropriatezza, sviluppo di modelli hub & spoke delle Stroke Unit, alle quali ancora oggi l'83% degli italiani colpiti da ictus non riesce ad accedere".

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