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Manovra, passa la fiducia al Senato

22 dicembre 2018 | 11.15
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(Fotogramma)
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Tra le proteste di Pd e Forza Italia, nel cuore della notte, il Senato ha votato il maxiemendamento alla manovra con 167 sì, 78 no e tre astenuti. A mettere la fiducia era stato sabato pomeriggio il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro. "Siamo stanchi ma contenti" ha detto il vicepremier Matteo Salvini. "Mi pare sia tutto pronto" ha aggiunto, spiegando che i decreti su reddito di cittadinanza e pensioni saranno approvati "nei primi giorni di gennaio"."Stiamo lavorando giorno e notte, e se serve anche a Natale, perché dopo anni di macelleria sociale è arrivato il momento di rimettere le cose a posto" ha scritto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli su Facebook.

Il Pd non ha partecipato al voto di fiducia. "Il Partito democratico non può accettare questo iter contro tutte le regole" ha spiegato il presidente dei senatori del Pd Andrea Marcucci. "Non possiamo dare il nostro voto, passare sotto quei banchi... Rinunciamo all'espressione del nostro voto". Rinnovando la sua protesta per le modalità con cui è arrivata la manovra a palazzo Madama, Marcucci ha detto agli esponenti del governo che "la vergogna dovrebbe coprire il vostro volto in una serata così triste della nostra storia". "Voi tenetevi le vostre ghiande, noi ci teniamo le ali" ha detto, citando "Cirano" di Francesco Guccini.

"Avete lasciato cinque milioni di poveri e volete impartire lezioni, voi che difendete il Senato che volevate tagliare" ha detto Gianluigi Paragone (M5S) in dichiarazione di voto sulla fiducia al Senato. Paragone ha definito la manovra "una mano tesa a chi cerca di ripartire, a chi cerca un conforto", e ha parlato di una manovra sociale "che avrebbe potuto scrivere la sinistra, e che oggi non saprebbe più fare, una manovra che porta il segno del cambiamento, una manovra Made in Italy". Al termine della dichiarazione di voto di Paragone a nome M5S sulla fiducia alla manovra, in aula i senatori di Forza Italia, che con Pichetto Fratin aveva annunciato voto contrario, hanno mostrato cartelli con la scritta "Più povertà". Immediato il coro in replica dei pentastellati, che hanno gridato "Onestà, onestà!".

La manovra economica del governo Conte, attacca il senatore di Forza Italia Gilberto Pichetto, "calpesta l'orgoglio e la dignità dei poveri e delle famiglie che faticano a vivere con La pensione minima". "In questa manovra -ha aggiunto- ci sono colpi di mano, promesse irrealizzabili, contraddizioni senza un disegno politico, senza un disegno-Paese. Speravamo in un testo che andasse incontro ai giovani e a tante famiglie che legano il loro futuro proprio ai giovani ma purtroppo in questa manovra non c'è nulla di tutto questo".

"Dov'è la manovra espansiva? Noi vediamo soltanto un cortocircuito, fatto da più tasse, meno investimenti, un Pil che cresce in maniera striminzita, più debito e, soprattutto, più sfiducia da parte dei consumatori e delle imprese" ha detto il presidente dei senatori Fdi Luca Ciriani, annunciando il suo voto contrario alla fiducia posta dal governo sulla manovra. "Il fatto più grave, anche se è il più difficile da spiegare ai cittadini e a chi ci ascolta, è la vostra decisione di sottoscrivere le clausole di salvaguardia, che valgono 50 miliardi di euro nei prossimi due anni. Rispetto a queste, quelle previste dai Governi Renzi e Gentiloni sono acqua fresca".

Malpezzi (Pd): "Bottici del M5S mi ha messo le mani addosso"

Ma tutta la giornata è stata all'insegna del caos con le opposizioni sul piede di guerra. Fraccaro ha presentato in Aula il maxiemendamento, che ha ricevuto la bollinatura dalla Ragioneria generale dello Stato, annunciando che su di esso sarebbe stata posta la fiducia. La presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, ha sospeso la seduta per consentire l'esame del maxiemendamento da parte della commissione Bilancio (TUTTE LE MISURE) dove però è scoppiato il caos per il testo che presentava lacune e imprecisioni, tanto che i lavori sono stati sospesi per oltre un'ora. Sono poi ripresi, dopo forti proteste dell'opposizione, in attesa che il governo fosse in grado di sottoporre ai membri dell'organismo parlamentare il testo definitivo.

Alla fine si è arrivati alla bagarre e il presidente, Daniele Pesco, ha deciso di sospendere i lavori. Successivamente la seduta è ripresa ma da subito Forza Italia, tramite Gilberto Pichetto Fratin, ha protestato, annunciando l'abbandono dei lavori della commissione. Sul piede di guerra le opposizioni che hanno denunciato cambiamenti al testo rispetto a quello 'bollinato' dalla Ragioneria dello Stato. "Una vergogna, una forzatura inaccettabile, non partecipiamo al voto, a questa farsa" ha annunciato il capogruppo del Pd in commissione Bilancio del Senato Antonio Misiani. "Il presidente Pesco si è dimostrato non adeguato, si dimetta perché non ha garantito tutti i gruppi", ha aggiunto Misiani. Matteo Renzi ha spiegato che "non c'è l'Aventino delle opposizioni, siamo qui a combattere e lo faremo per tutta la notte". ''Non parteciperemo al voto'' in Aula, ha scandito Vasco Errani, senatore di Liberi e Uguali. La commissione Bilancio del Senato alla fine ha approvato la proposta di parere sul maxiemendamento. Errani ha chiesto alla presidente Casellati di pronunciarsi. "C'è stata una violazione del regolamento del Senato" ha detto al termine della commissione Bilancio, a nome delle opposizioni, secondo le quali lo stralcio della norma sugli Ncc e la 'scomparsa' di alcune tabelle non sarebbero state motivate da ragioni previste dal regolamento e, quindi, il voto e la fiducia sul maxiemendamento sarebbe impossibile tecnicamente.

Una tensione che non si è stemperata in Aula. Pensavo di aver visto tutto nella vita... Questa, a quanto apprende l'Adnkronos, è la riflessione che Silvio Berlusconi affida a chi ha avuto modo di sentirlo in queste ore sul caos in Senato per la manovra economica del governo. "Viene voglia di aderire al Vaffa-day... Ma il problema è che a quel Paese state mandando l'Italia" ha scandito la presidente dei senatori Fi Annamaria Bernini, sottolineando che Forza Italia "avrebbe voluto rinviare il voto a domani mattina, in diretta tv, ma forse la maggioranza ha paura che gli italiani vedano il contenuto di questa manovra". Il gruppo del Pd del Senato, ha annunciato il presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci, "si rivolgerà al supremo giudice delle leggi, alla Corte Costituzionale, viste le gravissime violazioni della Costituzione". Marcucci ha detto che dovrà essere la Consulta a pronunciarsi, facendo riferimento all'art.134 della Costituzione, per la prima volta nella storia, "sulle enormità che si sono compiute sotto i nostri occhi, da parte di questo governo". "La manovra del popolo è diventata la retromarcia dei populisti" ha detto Matteo Renzi, accusando la maggioranza di aver "mentito agli italiani" e di "averli truffati il 4 marzo". La senatrice del Pd Simona Malpezzi ha denunciato che il questore M5S Laura Bottici "mi ha messo le mani addosso, quando stavo solo consegnando dei fogli".

ALTA TENSIONE 5S-TECNICI MEF - Si profila intanto un vero e proprio scontro anche tra Movimento 5 Stelle e tecnici del Ministero dell'Economia. Fonti M5S dell'esecutivo parlano all'Adnkronos di "errori" contenuti nel testo del maxiemendamento che è arrivato questa mattina sulla scrivania del governo gialloverde. "C'erano emendamenti respinti...", puntano il dito i grillini. I pentastellati avrebbero dunque rimandato indietro il testo richiedendo le dovute correzioni. E solo dopo questa ulteriore 'revisione' sarebbe arrivata la bollinatura del maxiemendamento da parte della Ragioneria dello Stato. "Vogliono far ricadere su di noi, sulla politica, la responsabilità di tutto questo. Ma è dei tecnici - attaccano dal governo, sponda M5S - la colpa dei ritardi: ci costringono così a lavorare con l'acqua alla gola". La teoria dei 5 Stelle è che, negli apparati tecnici del Mef, "qualcuno voglia metterci in difficoltà e sporcare la vittoria del premier Giuseppe Conte nella trattativa con l'Europa".

Tutto questo nonostante l'addio del capo di gabinetto del Ministero, Roberto Garofoli, mai digerito dai grillini. "Dopo il caso dell'emendamento sulla Croce Rossa, Garofoli non ha più partecipato alle riunioni tecniche a Palazzo Chigi", fanno sapere fonti del governo. "Evidentemente - è il ragionamento - è rimasto ancora qualche suo uomo all'interno della 'macchina'". Ma, rimarcano all'Adnkronos le stesse fonti, il 2019 sarà l'anno della 'tolleranza zero'. E la testa di Garofoli potrebbe non essere l'unica a cadere. In queste ore concitate, infatti, crescono i rumors su un addio, ormai prossimo, del ragioniere generale di Stato Daniele Franco, lo stesso che ha bollinato la manovra. Ieri, viene raccontato da fonti di governo, al ministero dell'Economia la tensione era alle stelle, con Franco finito nel mirino per i problemi sulla legge di bilancio. E così le voci di una sua uscita di scena si sono rincorse per l'intera giornata. E un 'big' del governo, a chi domanda se Franco sia in bilico risponde laconico all'Adnkronos: "No. Per ora". Della serie, la resa dei conti è solo rinviata.

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