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Libri: Markaris, il suo Charitos inquieto nel 'Tempo dell'Ipocrisia'

21 giugno 2019 | 13.19
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Libri: Markaris, il suo Charitos inquieto nel 'Tempo dell'Ipocrisia'

Prima i giornalisti (sin dall’esordio folgorante di ‘Ultime della notte’ nel 1995) poi i banchieri (in ‘Prestiti scaduti’ scritto durante la crisi del 2010) quindi gli evasori fiscali (‘L’esattore’) o gli intellettuali svenduti alla politica (‘L’università del crimine’): sono poche le persone comuni vittime di crimini nelle indagini che accompagnano la carriera del commissario ateniese Kostas Charitos. Come in una ‘gogna noir’ Petros Markaris sembra avere scelto le sue vittime con cura per scandire l’evoluzione-involuzione di una società – quella greca – che è passata da una modernizzazione accelerata e diseguale all’incubo della crisi economica, e oggi non sembra ancora trovare un equilibrio al suo interno.

Non sfugge alla regola neppure ‘Il tempo dell’ipocrisia’ (La Nave di Teseo, 353 pagine, 18 euro) che prende le mosse dall’uccisione del proprietario di una catena di alberghi per degenerare in altre morti rivendicate da un gruppo che si firma provocatoriamente 'Esercito degli Idioti Nazionali' e giustificate nel nome di una ‘ipocrisia’ vista come il vero male sotterraneo della Grecia (e dell'Europa) odierna.

Come evidente sempre più negli ultimi romanzi, il pretesto narrativo di questa nuova indagine sembra avere la meglio sulla scrittura di Markaris che – come l’altro grande vecchio Andrea Camilleri – con gli anni ha ormai definito l’universo del suo Charitos con una impressionante abbondanza di personaggi, situazioni e dettagli (che ritornano implacabilmente come le porte sbattute di Catarella nel commissariato di Vigata).

La vita, umana e professionale, del commissario ateniese è un mondo nel quale i lettori si tuffano con evidente piacere ma che rischia – proprio come con Montalbano – di condizionare possibili ‘svolte’: quest’ultimo romanzo, non a caso, si apre con il parto della amata figlia Caterina (incinta nel volume del 2018) ed è accompagnato da figure e situazioni che spostano solo impercettibilmente in avanti l’universo di Charitos. Con modalità investigative piuttosto 'sui generis' il giallo resta soprattutto uno strumento per lo scrittore – sceneggiatore per dire (ai greci ma non solo) qualcosa di più sul nostro tempo: nonostante i cedimenti e gli inevitabili compromessi, il commissario ateniese resta un Ulisse dei nostri tempi, alla ricerca di un approdo familiare in una Grecia che quasi non riconosce più. E gli assassini, nonostante le mani macchiate di sangue, non sembrano poi molto più colpevoli delle loro vittime.

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