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Medicina: esperti al Campus Biomedico, curare tumore salvando cuore (2)

27 marzo 2014 | 15.28
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(Adnkronos Salute) - La ricerca sta profondendo un impegno sempre maggiore per realizzare farmaci 'intelligenti', cioè modellati sulle caratteristiche delle cellule tumorali. Nonostante questo, però, un certo rischio cardiovascolare rimane dietro l'angolo. Gli esperti non hanno alcuna intenzione di diffondere allarmismi ingiustificati. "Anche se - affermano - non bisogna nemmeno sottovalutare il problema: almeno inizialmente, nei tempi immediatamente a ridosso della terapia, non sarebbe male cercare piccole anomalie asintomatiche, che con il tempo maturano verso eventi più significativi. Di conseguenza, bisogna muoversi in equilibrio tra allarmismo e sottovalutazione, dato che il rischio cardiovascolare può manifestarsi lentamente".

"E' quindi necessario che chi si prende cura di questi pazienti li controlli con prudenza e per decenni", prosegue Minotti. "Identificare i fattori che possono aumentare la suscettibilità verso la cardiotossicità - sottolinea Steven E. Lipshultz, docente alla Miller School of Medicine dell’Università di Miami - è fondamentale, specie nei ragazzi e nei giovani sopravvissuti a un tumore. Non tutti, infatti, reagiscono in ugual modo all’utilizzo di dosi simili, ad esempio di antracicline. Il che sembra indicare la possibilità di una predisposizione genetica. Il nostro obiettivo sarà massimizzare l’efficacia di tali farmaci, riducendo i loro effetti tossici". Non solo, i ricercatori stanno lavorando all’individuazione di marker che possano aiutare a identificare i pazienti con rischio cardiovascolare più accentuato.

"Abbiamo acquisito nozioni grazie alle quali, in futuro, potremo realizzare screening che ci aiutino a prevedere chi potrebbe subire danni cardiovascolari post-terapia oncologica. Questo dimostra che la cardio-oncologia è una disciplina sufficientemente complessa da non poter essere confinata nell'ambito cardiologico e oncologico, perché le nozioni ottenute sono il risultato del lavoro svolto anche da genetisti, epidemiologi, ricercatori di laboratorio. Vi è quindi bisogno di una multidisciplinarietà e da questa collaborazione potrebbe giungere la soluzione per diagnosi più precoci, farmaci meno tossici, oppure cardioprotettivi, nonché per valutazioni più precise dei pazienti a rischio", conclude Minotti.

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