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Mediobanca: soci frenano su scioglimento patto in autunno/AdnKronos

26 febbraio 2015 | 20.57
LETTURA: 6 minuti

Cadrebbe così uno degli ultimi simboli del capitalismo di relazione, dopo lo sfaldamento del sindacato di Rcs Mediagroup. Alcuni soci italiani potrebbero disdettare in settembre l'accordo di blocco, hanno spiegato fonti vicine ai soci, ma il consigliere franco-tunisino spiega che l'argomento "non è mai stato affrontato"

Mediobanca: soci frenano su scioglimento patto in autunno/AdnKronos

Il capitalismo italiano potrebbe voltare pagina definitivamente, almeno sul piano simbolico , ma è probabile che occorra ancora tempo. Il patto di Mediobanca, uno dei massimi emblemi del capitalismo di relazione, "potrebbe anche non esserci più" nel prossimo autunno, hanno spiegato fonti vicine ai soci di piazzetta Cuccia, dove stamani si è tenuta una riunione informale per discutere dei cambiamenti che dovranno essere apportati alla governance dell'istituto.

Tuttavia, l'argomento del patto non è stato toccato nella riunione di oggi, a quanto si apprende. E Tarak Ben Ammar, consigliere d'amministrazione di piazzetta Cuccia e di Telecom, in ottimi rapporti sia con il socio bretone Vincent Bolloré che con Fininvest (conosce Silvio Berlusconi da decenni), frena decisamente: "Non mi risulta" che il patto di Mediobanca possa sciogliersi il prossimo settembre, dichiara all'Adnkronos. "Non ne abbiamo mai discusso come soci", aggiunge .

A settembre, in ogni caso, scatta il termine per le disdette in vista della scadenza dell'accordo di blocco, fissata al 31 dicembre. La sensazione è che il socio bretone Vincent Bolloré non sia affatto intenzionato a uscire dal patto, ma che qualche disdetta possa arrivare invece dal fronte dei soci italiani. Recentemente Groupama è uscita dal capitale dell'istituto, dopo aver lasciato il patto.

Ad esempio, recentemente Carlo Pesenti, che pure "è molto affezionato a Mediobanca", ha fatto dichiarazioni inequivocabili a proposito dei patti di sindacato: "In che misura può interessare restare in un sindacato di blocco e non di voto?", osserva la fonte. Oggi la soglia al di sotto del quale il patto si scioglie automaticamente è il 25 per cento del capitale.

E' tuttavia decisamente improbabile che sia Unicredit, il primo socio di Mediobanca, a lasciare: non più in là di due settimane fa l'ad Federico Ghizzoni ha ribadito che la partecipazione "è strategica, di medio lungo termine. Non c'è alcun piano di dismissione".

La sensazione è che, se anche dovessero arrivare disdette da parte di qualche socio italiano, gli azionisti maggiori (Unicredit, Bolloré, Mediolanum, Fininvest e altri) siano determinati a garantire la stabilità di Mediobanca, difendendo l'indipendenza del management.

Insomma, i maggiori soci sembrano avere ragionevoli certezze che la soglia minima del 25% sia sufficiente a garantire la sopravvivenza dell'accordo. Uno scioglimento del patto, invece, potrebbe essere ipotizzata nel 2017, quando la nuova governance sarà implementata e Mediobanca avrà un'altra pelle. Ma mancano ancora più di due anni e fare previsioni così a lungo termine è un esercizio che rischia di lasciare il tempo che trova.

Solo se arrivassero disdette sufficienti, in settembre il patto potrebbe non essere rinnovato. Non basterebbe però solo l'eventuale disdetta di Pesenti, che ha l'1,56% vincolato al patto (che è al 31,44% del capitale), ma se altri soci dovessero decidere di lasciare, allora il patto, considerato l'ultimo baluardo del 'capitalismo di relazione' che già ha subito molte mutazioni (non esistono più i tre gruppi in cui erano divisi i soci: bancari, industriali ed esteri), potrebbe sciogliersi. Per ora, tuttavia, è solo una possibilità.

Il sistema dei patti di sindacato, comunque vada, ha già subito un forte colpo quando il patto di Rcs Mediagroup si è sciolto come neve al sole, lasciando i soci liberi di scegliere sul da farsi sulla base del capitale investito. Le azioni in Rcs si contano, non si pesano più. E Mediobanca da tempo sta cambiando pelle: con CheBanca! raccoglie direttamente risparmio con una rete retail e ha aperto una serie di sedi estere che lentamente, passo dopo passo, ne stanno facendo una merchant bank con una presenza paneuropea, in grado di aggiudicarsi incarichi in tutta Europa.

Patto a parte, in piazzetta Cuccia è partito il cantiere per rinnovare la governance, che deve essere adeguata alle richieste della Banca d'Italia. Come orientamento di massima, il prossimo consiglio di amministrazione di Mediobanca, che dovrebbe essere nominato nel 2017, avrà probabilmente 15 componenti, con una riduzione del numero di manager-amministratori rispetto ai cinque attuali. E' possibile che rimangano nel board il presidente Renato Pagliaro, l'ad Alberto Nagel e il dg Francesco Saverio Vinci. Pagliaro non potrà presiedere il comitato esecutivo.

La riunione "è andata bene, c'è stata una bella discussione, con un'aperta dialettica e un bel dibattito, molto filtrato dalla professionalità dei partecipanti", hanno riferito fonti vicine ai soci. I lavori sulla governance dovrebbero concludersi entro l'estate, per arrivare nell'assemblea di ottobre con le proposte di modifica dello statuto necessarie ad adeguare il governo d'impresa di piazzetta Cuccia alle richieste di Bankitalia. Non è stato invece ancora deciso se tenere una nuova riunione informale sulla governance prima del prossimo consiglio di amministrazione, ma per convocarla "basta un giro di telefonate".

La riunione informale sulla governance tenutasi oggi in Mediobanca "è andata bene", in un clima "assolutamente" collaborativo e senza tensioni, ha confermato lasciando piazzetta Cuccia Maurizia Angelo Comneno , vicepresidente della banca d'affari milanese. I lavori sulla governance dovrebbero concludersi entro l'estate: "Sicuramente dobbiamo arrivare in tempo per l'assemblea di ottobre: abbiamo tutte le tappe regolamentari da seguire", ha concluso.

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