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Migranti, a settembre 6 naufragi e 200 morti. Casarini: "Dobbiamo tornare in mare"

28 settembre 2020 | 17.18
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È il tragico bilancio che emerge dal rapporto di Mediterranea inviato anche a Conte, Lamorgese, De Micheli e Guerini Il capo missione di Mare Jonio all'Adnkronos: "Non sono vittime del mare ma delle scelte politiche dei governi europei"

(Afp)
(Afp)

Quasi 200 morti soltanto negli ultimi 6 naufragi avvenuti a settembre al largo della Libia e centinaia di segnalazioni che arrivano ogni giorno alle Ong. Una situazione drammatica delineata nel bilancio del rapporto - curato da Alarm Phone - di Mediterranea Saving Humans sui naufragi dell'ultimo mese.

"Un rapporto agghiacciante, con foto di alcune vittime degli ultimi naufragi. Lo abbiamo inviato anche a Conte, Lamorgese, De Micheli e Guerini. A Conte perché è il capo del Governo, alla Lamorgese perché ha i rapporti con i libici, a De Micheli perché Guardia Costiera e a Guerini perché ministro della Difesa", dice all'Adnkronos Luca Casarini, capo missione a bordo della nave di soccorso italiana Mare Jonio, commentando il rapporto.

"Quella a cui assistiamo è una strage infinita - commenta Casarini - Non sono vittime del mare, queste donne, uomini e bambini, ma delle scelte politiche dei governi europei che li hanno messi in quella condizione. Per loro dobbiamo tornare in mare. Costi quel che costi".

"Tra il 14 e il 25 settembre - si legge nel rapporto - Alarm Phone ha ricevuto centinaia di segnalazioni da persone che si trovavano in pericolo in mare. Mentre alcune, che si erano messe in contatto con noi sono state salvate dalla nave Alan Kurdi, molte altre non sono riuscite a raggiungere l’Europa, ma sono state respinte in Libia e quindi alla guerra e alla tortura da cui tentavano di fuggire a rischio della vita. Nel giro di pochi giorni sono morte al largo della costa libica più di 190 persone. Il 14 settembre si è registrata la morte di 22 persone dopo un naufragio al largo della Libia, il 18 settembre sono scomparse almeno 20 persone e si teme che siano morte a seguito di un naufragio al largo di Zawiya. E così nei giorni successivi e nei successivi disastri avvenuti in mare".

"Questa è la seconda volta in un mese - si legge ancora sul rapporto di Alarm Phone - che ci troviamo a scrivere un resoconto sui molteplici naufragi avvenuti al largo delle coste libiche. Come per quelli drammatici che abbiamo segnalato in agosto, nessuna organizzazione ufficiale e nessuna autorità ha preso atto della maggior parte dei naufragi avvenuti a settembre. I numerosi naufragi avvenuti nei giorni scorsi sono il risultato di un regime violento lungo i confini, finanziato dalle Istituzioni europee. Sono il risultato del blocco delle indispensabili navi civili di soccorso e del fermo dell’aereo civile di osservazione Moonbird. Sono il risultato di una vuoto letale creato nel salvataggio; vuoto attualmente colmato solo da pochi pescatori che rischiano la vita e la libertà per evitare le stragi in mare"."Coloro che sopravvivono a questi naufragi sono spesso lasciati soli - prosegue il rapporto - si nascondono per evitare l’arresto e la detenzione, oppure vengono arrestati dalle autorità e dalle milizie libiche e imprigionati per mesi. Esprimiamo la nostra solidarietà alle famiglie e agli amici delle persone defunte e dispersi. Siamo sconvolti dal fatto di non essere riusciti a fare di più e a prevenire queste morti e queste perdite. Promettiamo di continuare a combattere contro le frontiere mortali dell’Europa e per un mondo giusto dove tutti siano liberi di muoversi"", si legge nella parte finale del rapporto.

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