Nel Rapporto 2020: "Non si è investito in accoglienza e integrazione"
di Enzo Bonaiuto
"Le politiche migratorie restrittive, di chiusura se non addirittura discriminatorie, che hanno caratterizzato l'ultimo anno, hanno acuito precarietà di vita, esclusione e irregolarità, rendendo l'intera società più vulnerabile". E' il passo centrale e il grido di allarme più netto, contenuto nel Rapporto 2020 del Centro Astalli su migranti, rifugiati, profughi e richiedenti asilo, basato sugli incontri con circa ventimila persone, di cui oltre la metà a Roma, evidenziando "un prezzo alto da pagare in termini di sicurezza sociale, per non aver investito in protezione, accoglienza e integrazione dei migranti".
Per la strutture dei Gesuiti, "la vera emergenza non è data dagli arrivi - che nel 2019 sono scesi a 11.471 approdati in Italia, con un calo di oltre il 50% rispetto al 2018 e di quasi il 90% a confronto del 2017, mentre 8.406 sono stati i migranti intercettati nel mare Mediterraneo e riportati in Libia, con il 35% di loro caduto vittima di violenze, torture, maltrattamenti, mutilazioni, tratta di esseri umani - ma la precarietà dei migranti forzati".
Infatti, in tutti i servizi, "si sono fatti sentire gli effetti dell'entrata in vigore dei decreti sicurezza", che hanno comportato "l'abolizione della protezione umanitaria, il complicarsi delle procedure per l'ottenimento della residenza e dei diritti che ne derivano, il moltiplicarsi degli oneri burocratici", causando così "l'esclusione di un numero crescente di migranti dai circuiti dell'accoglienza e dai servizi territoriali".