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Migranti: medici Cisom a bordo, così salviamo vite umane

23 ottobre 2016 | 16.14
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Migranti: medici Cisom a bordo, così salviamo vite umane

Viaggiano costipati su barconi di pochi metri con la speranza di approdare in un posto dove ricominciare da capo, lontani da violenze e povertà. La salvezza, la mano tesa di un soccorritore che in mezzo al Mediterraneo rende più reale quella speranza. Acqua, coperte e prime significative cure sulle navi che operano in soccorso ai migranti. Circa 137.000 quelli recuperati in mare da gennaio a fine settembre nel Canale di Sicilia. "In queste ore si sta aprendo una finestra di bel tempo e il comando generale della Guardia costiera sta predisponendo tutte le attività per un eventuale massiccio afflusso", dice all'Adnkronos Mauro Casinghini, direttore nazionale del Corpo Italiano di Soccorso dell'Ordine di Malta.

Il Cisom dal 2008 è impegnato nel fornire assistenza medica a bordo delle unità navali della Guardia costiera che accolgono i migranti. Ha formato una unità specializzata, composta da un medico e un infermiere (ma in caso di necessità arrivano i rinforzi), che opera sulla nave Dattilo. "Da gennaio al 1° ottobre del 2016 il nostro team medico ha prestato attenzione sanitaria a 27.000 persone tratte in salvo dalla Guardia costiera. A circa il 10% sono state rivolte terapie farmacologiche più o meno forti", spiega Casinghini raccontando quanto accade a bordo delle navi che portano in salvo sulla terraferma uomini, donne e bambini provenienti "soprattutto dalla Nigeria, Ghana, Senegal, Somalia, Eritrea".

"Man mano che le persone salvate salgono a bordo dei mezzi della Guardia costiera, il team fa loro un primo screening, ovviamente i casi più gravi vengono immediatamente trattati e se necessario trasportati in ospedale con elicottero o con una motovedetta. Poi si avvia un secondo screening post urgenza", racconta.

Di certo, precisa Casinghini, le navi non possono essere paragonate a un Pronto soccorso vero e proprio ma i medici che svolgono questo tipo di attività a bordo, anche con pochi strumenti, ce la mettono tutta. "In taluni casi una manovra di rianimazione cardiorespiratoria ha strappato migranti alla morte".

Giovani medici soli di fronte alla responsabilità più grande: quella di salvare vite. E tutto avviene in un contesto simile a un girone dantesco, "si vede di tutto: patologie miste alla disperazione, dove non si sa prevale l'una o l'altra", dice Casinghini.

Personale medico giovane come la dottoressa Giulia Marinig (26 anni di Udine) e l'infermiere Alessio Gallotta (25 anni di Portici) che hanno aiutato tre donne eritree a partorire a bordo della nave Dattilo. Tre nuove vite venute alla luce nel Mediterraneo.

"Un'esperienza forte dal punto di vista professionale e umano. Una situazione che non capita tutti i giorni. Una bella emozione" testimoniano i due raccontando i fatti che si svolti tra il 3 e il 5 ottobre quando la Guardia costiera ha soccorso 1.004 migranti (viaggiavano su tre gommoni e un barcone) nel Canale di Sicilia, tra cui una ventina di donne incinte.

Visto il notevole numero di persone che man mano salivano a bordo "non c'era tempo da perdere", riferisce all'Adnkronos Giulia Marinig, alla sua prima esperienza sulla nave Dattilo dove lavorerà come medico, insieme ad Alessio, fino a fine ottobre.

"Tutto quello che si fa normalmente in Pronto soccorso - evidenzia la dottoressa -, l'abbiamo fatto in tempi rapidissimi: abbiamo fatto un triage veloce e abbiamo rilevato quelle che sono le patologie comuni che si riscontrano durante i soccorsi: parassitosi, scabbia nell'80% dei casi, colpi di calore, disidratazione, traumi. Ma abbiamo tenuto sotto osservazione soprattutto le donne incinte". Tuttavia, "siamo riusciti a portare assistenza a tutti", precisa Alessio.

"Il primo bimbo è nato a bordo della nave intorno alle ore 2 del 4 ottobre. Poi alle 7, è stata la volta di un'altra donna che ha partorito una bambina. Il giorno dopo un terzo parto: è venuta alla luce una bimba quando la nave era ormai arrivata in porto Catania". In quei due giorni "tempo per riposare non ce n'è stato", aggiunge Giulia sottolineando che "fortunatamente non ci sono state complicazioni, sono stati tutti parti spontanei".

"Questo è il nostro lavoro", dicono Giulia e Alessio con una totale spontaneità, come se svolgessero il mestiere più normale del mondo. "Facciamo tutto il possibile per salvare vite umane e quando il lavoro è finito, sì certo, c'è anche tempo per l'emozione".

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