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Migranti: amm. Caffio, blocco navale in Libia è irrealizzabile

11 giugno 2015 | 17.29
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"Senza un accordo con libici si viola la convenzione di Ginevra"

(Infophoto)
(Infophoto)

Impossibile pensare di attuare un blocco navale davanti alle coste libiche: una soluzione "irrealizzabile" sia da un punto di vista giuridico che tecnico-logistico, oltre che dai costi elevati, e che"riporterebbe l'Italia nella stessa situazione dei respingimenti del 2009", per i quali il nostro Paese è stato condannato della Corte di Strasburgo. A dirlo all'Adnkronos è Fabio Caffio, ammiraglio in congedo e tra i massimi esperti di diritto internazionale marittimo, che sottolinea come, "in assenza di accordi con i Paesi costieri africani, una interdizione navale come quella proposta da Maroni comporterebbe una violazione della convenzione di Ginevra".

D'altronde, spiega Caffio, "basterebbe non avere la memoria corta e guardare al passato recente per capirlo. Nel 2009, quando proprio Maroni era ministro dell'Interno, l'Italia, grazie ai rapporti stretti con Gheddafi, firmò un accordo di cooperazione che prevedeva i respingimenti", con i libici che, oltre a pattugliare le loro acque territoriali, "si impegnavano a riprendere indietro i barconi intercettati in quelle internazionali". In osservanza del diritto del mare che obbliga al soccorso, "i migranti venivano fatti salire sulle navi italiane, con l'intenzione però di riportarli indietro". In quelle circostanze, "si dovette ricorrere, in alcuni casi, a forme di coercizione perché i migranti si ribellavano al ritorno in Libia".

Da quei frangenti, continua Caffio, "nacque il caso Hirsi Jamaa -uno dei migranti respinti nel maggio del 2009 che presentò ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo- che terminò poi con la condanna al nostro Paese, una vicenda che ha danneggiato gravemente la nostra immagine, facendoci apparire una sorta di 'Stato canaglia' che non rispetta i diritti umani". Se fino al 2011 c'erano dei dubbi sull'applicabilità in alto mare, è quindi ormai chiaro che i respingimenti sono "in netto conflitto con la convenzione di Ginevra del '51", mentre i libici che potrebbero farlo nelle loro acque territoriali "non prendono una posizione in merito" e il mutato quadro politico, seguito alla morte di Gheddafi ha causato una sospensione di fatto degli accordi italo-libici.

Quello riproposto ancora oggi dal presidente della Regione Lombardia, aggiunge Caffio, "è il solito mantra ricorrente che si ripete da vent'anni: aveva un senso farlo in passato, ma nel quadro attuale è chiaro che è impossibile pensare di riproporlo". Difficile, spiega l'esperto, pensare di schierare le navi, anche perché "per coprire migliaia di miglia di costa", tutt'altro che omogenee anche dal punto di vista politico, con diversi governi che controllano i territori, "non basterebbe tutta la forza navale italiana, alla quale andrebbero aggiunti droni e aerei che sarebbero presumibilmente impiegati per sorvegliare dall'alto". Oltre al fatto, continua l'esperto, che i costi sarebbero molto elevati: "Se si pensa ai numeri di Mare Nostrum e alle forze aereonavali impiegate, si tratterebbe almeno di un raddoppio; fermo restando che, nel caso, non sarebbero tutti soldi italiani". Impraticabile, nel contesto di oggi, anche una soluzione come quella di bombardare le barche degli scafisti tirate in secco sulle spiagge libiche: "Come si fa a distinguerle da quelle dei pescatori o a capire se realmente c'è della gente a bordo? In Somalia, nell'operazione contro la pirateria, è stato possibile farlo perché il contesto era diverso ed era molto più semplice individuarle". Nell'approccio attuale, sottolinea Caffio, manca "piuttosto un quadro di contrasto alla criminalità organizzata. Basterebbe seguire i flussi finanziari delle centinaia di migliaia di euro che ogni viaggio frutta alle organizzazioni: proprio nel caso della lotta alla pirateria somala c'era una unità dedicata a questo, tra l'altro a guida italiana, che se ne occupava con ottimi risultati". Ma per questo, conclude, "servirebbe una forte volontà internazionale, dietro la spinta delle Nazioni Unite, che sembrano invece ancora lontane dal prendere una iniziativa concreta".

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