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Migranti, l'attivista tunisino: "Usati come arma, come nella Libia di Gheddafi"

14 marzo 2023 | 12.29
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Majdi Karbai, deputato del Parlamento disciolto: "Se l'Italia vuole investire in un regime dispotico dopo dovrà assumersene responsabilità"

(Afp)
(Afp)

"E' tornato il gheddafismo". Majdi Karbai, attivista politico tunisino, parla con l'Adnkronos di migranti, di una Tunisia travolta da una "crisi profonda" e del "rischio caos" nel suo Paese. Karbai ha lasciato alla fine dello scorso anno la Corrente democratica con la quale era stato eletto alle politiche del 2019 in rappresentanza dei suoi connazionali in Italia. E' tra i deputati del Parlamento sciolto un anno fa dal presidente tunisino Kais Saied. Sulle partenze dalla Tunisia verso l'Italia, afferma convinto: "Le autorità non sono estranee. E' tornato il gheddafismo, che è diventato 'saiedismo'. Quello che faceva all'epoca Gheddafi in Libia quando aveva un problema con l'Europa, adesso lo fa Saied in Tunisia", il Paese della Rivoluzione dei Gelsomini del 2010 su cui "l'Occidente aveva investito molto per una transizione democratica" e dove "si ritrova con un presidente onnipotente, con un regime di presidenzialismo assoluto".

"Se l'Italia vuole investire in un regime dispotico, dopo dovrà assumersene le responsabilità", dice. "Saied come Gheddafi, l'obiettivo è sempre ottenere qualcosa in più, l'appoggio dell'Italia, dell'Europa", prosegue Karbai che vive a Milano e che da mesi accusa il presidente di "colpo di stato". E denuncia: "Saied sta usando l'immigrazione e sta minacciando". Karbai fa riferimento a "tanti indicatori" secondo cui, a suo avviso, il messaggio lanciato dalle stanze del potere in Tunisia è che "senza aiuti arriveranno migliaia e migliaia di migranti sulle vostre coste". "L'ha fatto Gheddafi, l'ha fatto Erdogan", rimarca con un riferimento al leader turco.

'in Tunisia siamo tornati all'epoca Ben Ali, serve un dialogo nazionale con tutte le forze politiche'

"Negli ultimi dieci anni, prima del 2020 - ricostruisce Karbai - c'era una sorveglianza forte, controlli alla frontiera, anche per la minaccia del terrorismo, c'era stabilità politica con un regime democratico in fase di transizione". E "dopo il 2020, con la crisi politica, lo scioglimento del Parlamento, del Consiglio superiore della magistratura, con l'opposizione che non ha partecipato alle elezioni e la crisi politica che ha generato una crisi economica e sociale, la gente non ce la fa più e in tanti non vedono l'ora di partire". "A questo - prosegue - si è aggiunto l'embargo economico e diplomatico con il Fondo monetario internazionale che non ha dato il via libera al prestito di circa 1,9 miliardi di dollari".

E, continua, "con un presidente onnipotente, l'Europa è molto attenta" sul sostegno alla Tunisia. Così, afferma ancora, "la Tunisia di Saied non ha trovato più nessun modo di negoziare" perché il Paese è attraversato da una "crisi profonda" e "non c'è nulla da dare in cambio" a differenza del passato quando la "seduzione erano transizione democratica, elezioni". Cosa rimane oggi? "La questione migranti", ripete Karbai. E rilancia l'allarme "rischio caos", a "breve", perché in Tunisia "mancano tutti i beni di prima necessità" e dall'Fmi arriverebbe solo un "tappabuchi", mentre chi è in cerca di fortuna, in fuga dalla disperazione sceglie le coste tunisine per il viaggio della speranza che "in nove, dieci ore porta in acque internazionali e in massimo 13,14 ore a Lampedusa", un viaggio "più corto e meno costoso rispetto a quello dalla Libia".

Per la Tunisia serve un "dialogo nazionale, con tutte le forze politiche" in un Paese in cui - conclude - "siamo tornati all'epoca di Ben Ali, con la gente sbattuta in galera per un'opinione politica".

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