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Migranti, medico volontario Cisom: "Tanti morti in mare, in molti dovrebbero vederli"

02 ottobre 2021 | 16.35
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Danilo Tolomeo, medico volontario del Cisom
Danilo Tolomeo, medico volontario del Cisom

"Per me è un onore, sono davvero fortunato". Danilo Tolomeo, medico in pensione e volontario del Cisom lo ripete come un mantra. La fortuna per lui è poter aiutare "quei fratelli" venuti dal mare. "Non c'è denaro né ricompense che possano valere di più - dice all'Adnkronos -. Più del sorriso di un bambino o dell'abbraccio di una donna che hai appena salvato da un viaggio pieno di pericoli". Il medico 57enne che ha scelto di stare in trincea, dalla parte degli ultimi, si schernisce. Le luci della ribalta non fanno per lui. "Non faccio niente di eccezionale, ho messo a disposizione le mie competenze. Anzi, mi dispiace non averlo potuto fare prima".

La sua nuova vita è iniziata nel 2016, quando, riposta nell'armadio dopo 20 anni di servizio la divisa da medico di bordo delle navi da crociera, ha indossato la maglia rossa del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta. Una pensione insolita penserebbe qualcuno, "una seconda occasione" dice lui. "Anche sulle navi da crociera c'era tanto da fare, ma i pazienti erano decisamente in condizioni diverse", sorride. Il seme della solidarietà il medico dei migranti lo coltiva da sempre. Merito anche dell'esempio del nonno e del papà. "Avevano una loro idea di volontariato, mi hanno sempre insegnato ad aiutare gli altri in silenzio". A girare il mondo ha iniziato da giovanissimo. Dall'India all'America passando per l'Africa. "Passavo almeno 5-6 mesi imbarcato, poi quando tornavo a casa, a Mumbai, davo una mano a un gruppo di suore che avevano in gestione un ex lebbrosario". E ad ogni scalo delle navi da crociera c'era spazio per portare medicine e soccorsi tra le favelas brasiliane o i villaggi africani. Il Cisom adesso è la sua nuova 'casa'.

"Ho sempre creduto nell’Ordine di Malta, nei suoi principi e nelle persone che ho avuto modo di conoscere in tutti questi anni". Così, tornato nella sua Sicilia, ha scelto di ricominciare proprio come volontario del Corpo Italiano di Soccorso dell'Ordine di Malta. Prima a bordo delle navi della Guardia di finanza e della Guardia costiera, poi sulle motovedette classe 300 impiegate nelle attività di soccorso a Lampedusa, adesso con il Nucleo elicotteri della Guardia costiera di stanza a Catania.

Nel 2020 il Cisom ha messo in salvo 9.196 persone, mentre nel 2021, da gennaio a oggi, i migranti assistiti sono già 15.670 in 141 operazioni tutte a Lampedusa. E lui, il dottore dei migranti, c'era. "Ogni caso è una storia a sé, bellissima e difficilissima - racconta -. Ma quello che accomuna tutti è il terrore che leggi nei loro occhi. In quegli sguardi riesci a vedere tutto l'orrore che si sono lasciati alle spalle". Nelle missioni di soccorso in mare l’intervento dell’elicottero arriva nella fase più emergenziale.

"Quando li porti sù a terrore si aggiunge terrore. Hanno affrontato il deserto, la prigionia, le torture e poi il viaggio in mare stipati su barconi insicuri. Molti di loro non hanno mai visto un elicottero. E a bordo c'è un gran frastuono. Quando capiscono di essere al sicuro si tranquillizzano, ma i loro occhi restano drammaticamente tristi. Quegli occhi non li puoi dimenticare". Così come per il medico volontario del Cisom è impossibile dimenticare ogni singola vita che non è riuscito a strappare alla morte. "Ai corpi che galleggiano in mare non ci si può abituare. E purtroppo mi è capitato di vederne tanti". Il racconto si interrompe, la voce è rotta dall'emozione. "E' uno strazio. Ogni volta sempre lo stesso dolore, lo stesso senso di impotenza. Una cicatrice che non si rimargina mai. Forse in tanti dovrebbero vederli quei corpi per capire davvero cosa accade nel Mediterraneo. Il mio scudo? La preghiera".

L'ultima chiamata è arrivata qualche giorno fa. Gli elicotteri della Guardia costiera di base a Catania hanno un raggio d'azione che va dal Nord Africa fino a Napoli. Ma tra gli interventi emotivamente più difficili il dottor Tolomeo ricorda quello per evacuare alcuni sopravvissuti a un naufragio. "Erano stati soccorsi dall'equipaggio di una ong a un centinaio di miglia a sud di Lampedusa - racconta -. Erano nudi, infreddoliti, sotto choc. E tutto intorno era buio. A bordo dell'elicottero abbiamo preso una neonata di appena tre mesi, l'ho stabilizzata e l'ho affidata alla sua mamma. Ha ripreso colore. Un'immagine di speranza in mezzo a tanto dolore".

Per una vita salvata un'altra che, invece, è stata spezzata. "Quella notte nel secondo volo c'era una donna e il suo bimbo senza vita. Un angioletto che mi accompagna tutte le notti nei miei pensieri". Nelle missioni di soccorso il dottor Tolomeo di bambini ne ha aiutati tanti. "Sono diffidenti, spaventati. Poi basta disegnare due occhietti con una matita su un foglio di carta per vederli sorridere. Un sorriso che ripaga di tutta la fatica". Sugli elicotteri e sulle motovedette l'accoglienza si fa concreta. "Gli uomini e le donne della Guardia costiera e della Guardia di finanza sono un esempio. Nonostante la stanchezza, le tante ore in volo o in mare sono capaci sempre di una grande umanità", conclude. La stessa che lui, il medico dei migranti, dona a chi ha la fortuna di incontrarlo. (di Rossana Lo Castro)  

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