La vedova di Piergiorgio all'Adnkronos riflette sul suicidio assistito: "Ciò che spaventa non è la morte ma è il continuare a vivere una vita che non si può più definire tale". E si chiede: "Perché condannare il gesto di una ragazza che ha scelto la dignità?"
L'addio di Brittany, la ragazza americana alla quale era stato diagnosticato un cancro che le avrebbe lasciato pochi mesi di vita, "non va giudicato. E poi ricordiamo che la misericordia di Dio è infinitamente grande".
Mina Welby, la moglie di Piergiorgio, l'uomo affetto da distrofia muscolare che nel 2006 pose fine alla propria esistenza chiedendo il distacco dal respiratore dopo essere stato sedato, rivive le polemiche che fecero seguito al gesto del marito e invita a non giudicare la scelta della ragazza che sabato ha deciso di usare un farmaco letale e si è tolta la vita. "Rispettiamo le scelte e non giudichiamo chi fa una scelta in dignità - afferma la vedova all'Adnkronos - perché la misericordia di Dio è immensamente grande".
Mina Welby fa una riflessione su quanti scelgono il suicidio assistito: "Ciò che spaventa non è la morte ma è il continuare a vivere una vita che non si può più definire tale. Una vita che comporterebbe sofferenze insopportabili".
La vedova Welby pensa, ad esempio, a quanti scelgono di morire andando in Svizzera: "Ricordiamo che tra loro ci sono anche tanti credenti. Rispettiamo e non giudichiamo e ricordiamo che chi fa un gesto di questo tipo lo fa perché non accetta più di vivere in una maniera non dignitosa".
Quanto alla vicenda della ragazza americana, Mina Welby ricorda che a Brittany era stato diagnosticato un male "che non le avrebbe dato scampo. Le cure sarebbero state inutili. E così ha messo fine alla propria vita con un farmaco. Perché condannare il gesto di una ragazza che ha scelto la dignità? La nostra misericordia ha una sua finitudine, non quella di Dio".