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Le Iene

Minacce di morte a Filippo Roma

30 novembre 2018 | 12.20
LETTURA: 6 minuti

(Dal profilo Facebook delle Iene)
(Dal profilo Facebook delle Iene)

Minacce di morte per Filippo Roma. "Se ti incontro per strada ti ammazzo", avrebbero detto al giornalista de Le Iene che, insieme a Marco Occhipinti, sta indagando sul caso dei lavoratori in nero impiegati nella ditta edile del padre di Luigi Di Maio. La denuncia è apparsa sui social e sul sito del programma in onda su Italia 1. "Noi esprimiamo tutta la nostra solidarietà. Perché il clima è grave e non parliamo solo del rischio terribile che si passi dalle parole ai fatti. C’è troppa gente che vuole zittire in ogni maniera chi fa il proprio lavoro di raccontare notizie", scrivono Le Iene.

Filippo Roma parla così con l'Adnkronos delle minacce ricevute: "Sono 'leoni da tastiera' che usano Facebook come uno sfogatoio, vanno presi per quello che sono. Non sono preoccupato, anche se certamente non mi fa piacere". "Ho ricevuto anche tanti messaggi di solidarietà - tiene a sottolineare però la Iena - primo fra tutti proprio da Di Maio, e di questo lo ringrazio. Lo ha detto pubblicamente 'non attaccate Filippo Roma, non minacciatelo, lui fa il suo mestiere. Sono errori commessi in passato dalla mia famiglia che io disapprovo'. Devo dire che Di Maio è stato disponibile al confronto e si è dimostrato intellettualmente onesto e soprattutto ha stigmatizzato gli attacchi, chiedendo di smettere, quindi lo ringrazio e va apprezzato per questo. Certo è che se usciranno altre novità noi andremo avanti, è il nostro lavoro", assicura.

"Chi oggi mi insulta per il caso Di Maio - aggiunge la 'Iena' - chi mi chiama 'servo' di Berlusconi o di Renzi probabilmente non ricorda l'inchiesta sul rapporto tra Enrico Letta e la lobby del gioco d'azzardo, quella sulle tangenti a Palazzo Chigi durante il governo Berlusconi o ancora quella sulle mancate promesse ai disabili di Renzi".

Non è la prima volta che Roma finisce nel mirino di quelli che chiama 'leoni da tastiera'. "Ogni volta che faccio inchieste sul mondo 5 Stelle - sottolinea - arriva una valanga di messaggi di attivisti e simpatizzanti carichi di odio. E c'è da sbizzarrirsi nei contenuti: le cose più carine sono 'pezzo di merda' (oppure 'omm e merd' se ti scrivono da Napoli), e poi 'servo di Renzi', 'servo di Berlusconi', drogato, 'figlio di puttana'. Uno mi ha detto 'figlio di una grande escort', non è male...".

"Poi ci sono i messaggi minacciosi, che augurano la morte, come, 'spero che tu muoia', 'La pagherai', 'se ti incontro ti ammazzo', ma sono marginali, i più tipici e numerosi sono quelli offensivi", prosegue Roma, che comunque minimizza: "Secondo me non c'è niente di preoccupante, sono persone che magari ti insultano, ti minacciano sui social e poi ti incontrano per strada e vogliono fare una foto, o meglio un selfie. E' tutto folle in realtà, anche se un po' mi ci sono abituato. Ripeto - aggiunge - Non sono preoccupato. Certo, poi magari scendo dal treno e mi arriva una bastonata in testa...".

Le Iene raccontano la vicenda e spiegano come è nato il servizio: "L’inchiesta è iniziata da una prima testimonianza esclusiva, quella di Salvatore Pizzo, che ha raccontato di aver lavorato due anni, dal 2009 al 2010, nella ditta di Antonio Di Maio e di essere stato pagato per un anno completamente in nero (in contanti, nonostante avesse chiesto di essere regolarizzato). Salvatore Pizzo ha aggiunto che Antonio Di Maio, in occasione di un suo infortunio sul lavoro, gli avrebbe chiesto mentre lo soccorreva, di non dire che l’incidente era successo mentre lavorava in cantiere, ma a casa. Ma Salvatore in ospedale aveva raccontato la verità e per questo dopo la guarigione era stato licenziato".

"Pizzo si era rivolto alla Cgil ed era stato contrattualizzato da Antonio di Maio per sei mesi, per essere nuovamente licenziato: 'Non gli ho fatto causa perché mi ha dato una sommetta di 500 euro in nero'. Per stare zitto insomma, spiega ancora Pizzo - scrivono ancora - Di Maio ha confermato a Filippo Roma il caso. 'Solo uno', però. Invece gli operai al nero sarebbero infatti stati più di uno e Filippo Roma ha parlato al ministro del Lavoro Di Maio di altri tre casi di lavoro nero, nel nostro secondo servizio sul caso. Mimmo, Giovanni e Stefano sarebbero infatti stati impiegati in nero nel periodo tra il 2008 e il 2010, prima cioè che nel 2012 Luigi Di Maio entrasse nell’assetto proprietario dell’azienda".

"L’azienda edile che da trent’anni porta avanti il padre di Luigi, Antonio, infatti, prima era intestata alla madre Paolina Esposito, poi è confluita nell’Ardima srl, di proprietà dal 2012 al 50% del ministro e della sorella Rosalba - continuano - Qualcuno ha perfino cercato di intorbidare le acque, lanciando la fake news che Pizzo fosse in realtà un candidato del Pd, e che dunque potesse aver raccontato questa storia solo per motivi politici. Una bufala sbugiardata dal sito bufale.net, e di cui vi avevamo parlato diffusamente". "Ora la macchina del fango nei confronti de Le Iene e di Filippo Roma è arrivata a gravi parole d’odio violento. Tutta la squadra de Le Iene ribadisce la massima solidarietà a Filippo Roma e a Marco Occhipinti", concludono.

A intervenire è stato oggi, come ha ricordato Roma, lo stesso Di Maio. "Non si devono attaccare Filippo Roma e i giornalisti che hanno fatto conoscere questa vicenda" dice il vicepremier, sottolineando che "è grazie a quel servizio che ho scoperto dei non detti della mia famiglia". "Ho conosciuto aspetti della mia famiglia e questo aiuta sempre i rapporti figli-genitori. Tutti noi abbiamo dei non detti anche se magari non sono legati a queste cose o a cose meno gravi. Quando si vengono a conoscere permettono di sbloccare il rapporto", conclude Di Maio.

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