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Minniti: "Africa primo incubatore jihadismo, sogno quartetto Usa-Ue-Russia e Cina"

28 aprile 2021 | 11.24
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L'ex ministro dell'Interno: "Per l'Italia e l'Europa si tratta di una sfida di prima grandezza. Che va affrontata insieme"

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Dalla Libia al Niger, dal Burkina Faso al Ciad fino al Centrafrica, Nigeria e Mozambico, l'Africa è attraversata da crisi gravissime che affondano nel terrorismo e nelle guerre civili senza dimenticare gli effetti devastanti della pandemia. Il continente, come concordano tutte le varie agenzie di intelligence, "oggi è il principale incubatore del jihadismo mondiale con le radici che affondano in autoctone specifiche realtà. Per l'Italia e l'Europa si tratta di una sfida di prima grandezza. Che va affrontata insieme. Con visione e decisione". Lo afferma in un fondo su 'Repubblica' l'ex ministro dell'Interno e presidente della Fondazione 'Leonardo Med-Or', Marco Minniti, all'indomani dell'uccisione di due giornalisti spagnoli e un irlandese in un attentato in Burkina Faso definito "l'ultimo ed estremo richiamo verso quelle realtà".

Secondo Minniti, in questo momento "non si può parlare di Africa senza guardare all'Europa e agli Stati Uniti" e allo stesso modo, "non si può fare a meno della Russia e della Cina". Le Nazioni Unite svolgono un ruolo "imprescindibile - è il ragionamento del presidente della Fondazione 'Leonardo Med-Or' - ma forse è venuta l'ora di pensare a un inedito quartetto per l'Africa: Usa-Ue-Russia e Cina. Oggi appare un sogno. Ma sognare a occhi aperti come ci ha insegnato T. E. Lawrence ( Lawrence d'Arabia) a volte è il modo migliore per affrontate e cambiare la realtà".

Nel suo editoriale Minniti esamina la situazione nei teatri africani più caldi. Ricorda la morte in combattimento del presidente maresciallo Deby che "ha reso evidente la crisi profonda, una vera guerra civile, che sta lacerando il Ciad" e che "potrebbe innescare un gigantesco effetto domino tale da incendiare l'intero Sahel". Il Mali, prosegue l'ex ministro dell'Interno, sta attraversando "una delicatissima e incerta transizione politica" e anche il Niger "deve fare i conti con le profonde tensioni politiche e sociali".

"A tutto ciò si aggiunge il gigantesco convitato di pietra del Fezzan, la regione meridionale della Libia, da sempre quadrante strategico nella lotta contro il terrorismo e il traffico degli esseri umani", sottolinea Minniti, evidenziando "la strutturale incertezza della situazione libica. Resa ancora più evidente dal blocco del presidente Dbeiba nell'aeroporto di Bengasi da parte delle forze del generale Haftar. Il suo conseguente rientro a Tripoli, senza che si potesse svolgere l'incontro con il parlamento di Tobruk, è una doccia fredda sugli entusiasmi, forse eccessivi, sull'esito della crisi in Libia". Ci sono poi le fortissime tensioni tra Egitto ed Etiopia in relazione al completamento della diga sul Nilo Azzurro.

"In sostanza - sostiene Minniti - c'è un filo rosso che tiene insieme questi Paesi. Rosso di sabbia. Il deserto del Sahara. L'Europa ha inteso con fatica che quello era, sempre di più, il suo vero confine meridionale. Che lì si gioca un pezzo fondamentale della sua sicurezza".

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