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Mons. Ghizzoni: "Task force pedofilia a tempo pieno in diocesi"

20 febbraio 2019 | 15.02
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(Fotogramma /Ipa)
(Fotogramma /Ipa)

di Elena Davolio

Un pool di sedici vescovi che a tempo pieno aiuterà le diocesi a dotarsi di esperti, religiosi ma preferibilmente professionisti laici che hanno avuto esperienza diretta nei consultori familiari, verranno messi in campo dalla Cei per una lotta capillare agli abusi sessuali da parte dei preti e a chi ancora copre. In cantiere anche una mappa con quanto le diocesi stanno facendo, o non facendo, nel contrasto alla pedofilia. Alla vigilia del summit per la 'protezione dei minori' voluto con forza dal Papa che si aprirà domani in Vaticano con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo, mons. Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale anti abusi creato dalla Conferenza Episcopale Italiana, in una intervista all'Adnkronos racconta come si lavora, "in sinergia" con la Santa Sede, per impedire che "mai più nessuno metta la testa sotto la sabbia" in tema di abusi sessuali.

Le linee guida del Servizio anti abusi grosso modo sono pronte ma si attende il termine della quattro giorni in Vaticano con il Papa per eventuali limature. " Manteniamo il filo diretto con la Commissione anti abusi della Santa Sede e con la Congregazione della Dottrina della Fede. Abbiamo deciso di aspettare la conclusione del summit - spiega mons. Ghizzoni che è anche arcivescovo della diocesi di Ravenna-Cervia - per raccogliere elementi che potrebbero spostare qualcuno degli accenti nelle linee guida già scritte. E' nostra intenzione adottare anche per l'Italia le direttive che arriveranno dal Papa e che saranno la traduzione del lavoro di questi quattro giorni di vertice. Abbiamo un mese e mezzo davanti, tra marzo e aprile, per raggiungere un testo il più possibile coerente con quanto detto".

Imprescindibile l'ascolto delle vittime di abusi. "Il fatto di dare voce alle vittime, soprattutto per chi non ha mai avuto questa esperienza, è importantissimo - dice Ghizzoni - . Devo riconoscere che quando si sente una storia e si ascolta la sofferenza atroce che provoca un abuso, non solo fisico ma anche nelle forme come la manipolazione, non si torna indietro". La vittima, dice Ghizzoni, "è certamente quella persona che può fare sbloccare le resistenze e le valutazioni di chi tenta di salvare un po' tutto senza impegnarsi". Alla Cei, spiega ancora il presule, si sta così pensando, "con modalità da definire, di ascoltare le testimonianze di vittime nella prossima Assemblea".

La Cei ha chiesto ai presidenti delle varie Conferenze episcopali di individuare un vescovo per ogni regione che si metta a disposizione a tempo pieno nel piano anti-pedofilia. Saranno 16 i vescovi referenti sul territorio. Spiega il presidente del Servizio nazionale Cei anti abusi: "Naturalmente non è sufficiente fare un documento, ci vogliono operatori sul territorio". Le diocesi in Italia sono 226 ecco perchè, spiega, "abbiamo pensato di insistere sulle regioni ecclesiastiche individuando in ognuna vescovi responsabili che saranno aiutati dalla Cei a fare crescere in ogni diocesi un referente diocesano esperto, al limite un prete, ma preferiremmo una persona anche laica che abbia già esperienze nei consultori familiari. Anche io andrò nelle regioni per sostenere il cammino dei vescovi".

In sostanza, "si creerà una piccola equipe e nel post summit - spiega il presidente del Servizio nazionale anti-abusi - verranno fatti incontri di formazione specifica sull'esempio di quello che già stiamo facendo in Emilia Romagna, in sinergia con il centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana". Il punto è arrivare ad avere una rete capillare "in cui essere tutti d'accordo, sia sulle intenzioni che sull'operatività, per preparare operatori attenti e capaci. Un solo grande centro a Roma rischia di non risolvere la situazione".

Quanto ai risultati da attendersi al termine della quattro giorni voluta in Vaticano al via da domani, mons. Lorenzo Ghizzoni sottolinea: "Si tratta di prendere in mano la situazione, di non subirla. La priorità deve essere la tutela dei minori, ancora prima dell'immagine pubblica della Chiesa e dello scandalo sui fedeli, affinchè non venga mai più messa la testa sotto la sabbia. Quattro giorni non cambiano il mondo però è pure vero che ci sono aree diverse nel mondo dove questo problema non si riesce ancora a fare emergere. Ci sono Conferenze episcopali che non riescono a mettere in atto le norme esistenti. L'obbiettivo è quello di fare camminare insieme tutta quanta la Chiesa, con Asia, Africa e tutti quei luoghi più poveri dove tanti abusi avvengono senza che mai nessuno reagisca. Penso alla pedopornografia e all'industria che ci sta dietro, al turismo sessuale e allo sfruttamento di bambini per la guerra: realtà parallele che dovrebbero essere affrontate globalmente".

Il presidente del Servizio nazionale Cei anti abusi parla anche dell'assenza di dati che possano dare la misura della piaga della pedofilia in Italia. "Il punto è che in Italia manca un organismo nazionale che ci possa dare dati generali; ci vorrebbe un ministero o una università che facessero lavorare ricercatori. Diversamente si rischia di fare una raccolta parziale basata su notizie diffuse sui media ma sfuggirebbero sempre altri casi. Abbiamo dati Onu, della Commissione europea: si tratta di dati molto gravi che parlando di un 20% di minori - la cifra è enorme - vittima di abusi fisici o psichici. Negli ultimi tempi se ne parla molto di più, vengono a galla più situazioni con più denunce il che è opportuno perchè si riescono a creare vie nuove, ed è anche un deterrente per chi commette abusi".

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