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Monti: "Partito del premier? Conte valuti prima i suoi obiettivi"

30 dicembre 2020 | 08.13
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(Fotogramma)
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“Non so se questa ipotesi sia nella sua mente, né se sia in sé ragionevole. Certo la rendono ‘ragionevole’ di fatto tutti quei politici e commentatori che su di essa appunto ragionano, con un misto di curiosità morbosa e di consigli non richiesti”. Così Mario Monti sull’ipotesi che il premier Giuseppe Conte possa formare un proprio partito. In un’intervista al Corriere della Sera, l’ex presidente del Consiglio non sente di dare a Conte alcun suggerimento: “Al massimo – afferma -potrei raccontargli in che modo giunsi, in condizioni diverse dalle sue, a prendere una decisione su un tema simile a quello che forse lui stesso sta rimuginando. Con quel metodo, se fossi oggi nei panni di Conte, mi porrei due domande. Prima mi chiederei qual è il mio obiettivo: come vorrei che l’Italia evolvesse nei prossimi cinque o dieci anni? La mia visione per l’Italia era nota da tempo, soprattutto ai lettori del Corriere, prima di essere chiamato al governo. Quella di Conte, dopo due governi, non a tutti risulta ben chiara; ma se creasse un partito questo chiarimento sarebbe ineludibile”.

“Poi mi interrogherei sullo strumento migliore – prosegue Monti -. In che modo io Giuseppe Conte — che sono diventato premier un po’ per caso ma che in due anni e mezzo, me lo riconoscono tutti, ho accumulato grande esperienza nazionale e internazionale e ho dato prova di notevoli capacità — potrei contribuire al meglio a questo cambiamento dell’Italia? Costituendo un mio partito? Prendendo il controllo del partito che mi ha espresso come premier? Guidando una coalizione alle elezioni? O eventualmente, se ne ricorressero le circostanze, come presidente della Repubblica?”.

Altro punto da soppesare, aggiunge Monti, “il più difficile, almeno nella mia esperienza personale. Nel caso di Conte suonerebbe così: se la mia autovalutazione mi portasse a concludere che il contributo più efficace all’interesse generale dell’Italia, come io lo vedo, potrei darlo da una posizione che magari non è la più prestigiosa sul piano personale, che cosa devo fare? Seguo la mia coscienza e vado nella direzione che concretamente può giovare di più al mio Paese o mi propongo la maggiore soddisfazione personale? Nell’emergenza finanziaria del 2011-2012 il mio governo dovette introdurre quella disciplina di bilancio e quelle riforme che tutti consideravano necessarie, ma che i partiti avevano rinviato perché impopolari. Per diversi mesi, con l’appoggio di quasi tutti i partiti, il Parlamento aveva approvato le nostre proposte. Una volta rientrata l’emergenza e con l’avvicinarsi delle elezioni di inizio 2013, i partiti diventavano riluttanti. Per rimanere in politica non avevo bisogno di partecipare alle elezioni, essendo senatore a vita. E men che meno di presentare una lista, come invece ho fatto”.

"Non so cosa la coscienza suggerirà a Conte. Nel caso dovesse spingerlo verso quello che egli riterrà l’interesse del Paese a scapito del suo potere e della sua visibilità, gli consiglierei — questo sì — di essere pronto a subire molte critiche. Anche da parte di chi ha più volte criticato in lui l’esercizio personalistico del potere”.

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