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Musica e impegno politico, da Saado a Noa quando l'attivismo condanna le pop star

25 luglio 2014 | 17.57
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Dall'Egitto alla Somalia, fino al più 'occidentale' Israele, l'attivismo delle cantanti è spesso un terreno minato, in cui a ogni presa di posizione controcorrente corrisponde un'esplosione di minacce

Musica e impegno politico, da Saado a Noa quando l'attivismo condanna le pop star

Musica e impegno politico. E' un connubio naturale, che ha spinto molti artisti in prima linea in campagne contro le dittature, contro le guerre, contro la spregiudicatezza di governi di tutte le latitudini. Ma è anche un connubio rischioso e scomodo, se non letale, quando è declinato al femminile. Dall'Egitto alla Somalia, fino al più 'occidentale' Israele, l'attivismo delle cantanti è spesso un terreno minato, in cui a ogni presa di posizione controcorrente corrisponde un'esplosione di minacce.

Saado Ali Warsame ha pagato con la vita il coraggio con cui ha percorso, per decenni, questa strada. Una delle voci più note della musica somala, è stata uccisa due giorni fa a Mogadiscio dagli Shabab, gruppo affiliato ad al-Qaeda che aspira a uno stato islamico ed è in lotta contro il governo sostenuto dall'Onu. Donna, artista, dalla mentalità aperta e libera. E poi anche attivista e parlamentare. Troppo per chi si affida a una lettura estremista della religione per relegare la donna a ruoli defilati e sottomessi. "Non l'abbiamo uccisa per la sua musica - ha spiegato Abdulaziz Abu Musab, un portavoce degli Shabab, alla Bbc - ma non potevamo accettare il suo impegno politico".

Saado era l'unica cantante del suo paese a esibirsi sul palco senza velo e a volte con i pantaloni, sfidando i dettami dell'Islam più intransigente. Durante la presidenza di Siad Barre, destituito nel 1991, lanciò il suo più grande successo, la canzone 'Land Cruiser', con la quale denunciava il lusso e le auto costose di cui si circondavano il presidente e il suo entourage, mentre chiedevano aiuti internazionali per sfamare la popolazione.

Gli anni della guerra civile l'hanno costretta a fuggire negli Stati Uniti, da dove è rientrata in patria nel 2012 per candidarsi alle elezioni politiche, che le hanno consegnato un seggio in parlamento. Un passo falso, per gli Shabab, che già avevano ucciso altri tre deputati 'rei' di non volere, come loro, uno stato islamico. Se poi a sfidarli era una donna, una beniamina dei somali, il castigo poteva essere uno solo. Hanno abbordato l'auto su cui viaggiava e, con un colpo di pistola, con una vera e propria esecuzione, l'hanno fatta tacere per sempre.

Non è la prima volta che una cantante che 'osa' esprimere un'opinione fuori dal coro finisce nel mirino. A volte si tratta di sfottò crudeli, volti a mortificarla, ridicolizzarla, farla apparire come una poco di buono, in modo che la sua voce, che già deve strillare più forte di quella di un uomo per essere ascoltata in paesi dove spesso il maschilismo è insopportabile, perda di credibilità. A volte si tratta invece di vere e proprie minacce di morte, quando non di inviti alla sollevazione popolare e al linciaggio pubblico.

Il caso di Elissa Zakarya Koury - Lo sa bene Elissa Zakarya Koury, pop star libanese, idolo di milioni di arabi. Elissa non si è mai contraddistinta per il suo attivismo politico e la sua musica leggera parla di amore e sentimenti. Ma quando nel 2011 in Egitto è esplosa la rivoluzione contro Hosni Mubarak, ha voluto dire la sua. A luglio di quell'anno, quando il rais era da tempo uscito di scena, ma il paese ancora faticava a trovare stabilità, mentre si intravedeva già l'affermarsi degli islamici sui rivoluzionari laici, Elissa dichiarò che "la rivoluzione non ha avuto successo. Ora l'Egitto è un posto caotico e instabile".

La reazione fu immediata. Un gruppo di ex rivoluzionari creò una pagina su Facebook intitolata "Uniti per impedire a Elissa di entrare in Egitto". La pagina si riempì a breve di insulti - anche sessisti - di minacce e in breve arrivò un appello a una 'marcia di un milione', che invitava almeno un milione di persone a scendere in piazza contro l'artista, come già avevano fatto contro il dittatore. Quella di Elissa non era la prima voce a criticare la rivoluzione. Ma da una donna, da una interprete di musica leggera, non era accettabile.

Così in breve tempo, sulla pagina Facebook, arrivarono gli appelli a "giustiziarla". E mentre nel caos del dopo-rivoluzione si moltiplicavano le denunce di molestie e violenze sessuali, decine e decine ogni giorno, ai danni delle ragazze che scendevano in pazza a manifestare, di una delle canzoni più famose di Elissa, "Ti aspetto", fu fatta una versione che era una vera e propria minaccia di morte: "Ti aspetto al varco".

Noa vittima di un boicottaggio - Sono in tanti gli israeliani e gli ebrei di tutto il mondo che dicono di aspettare al varco Noa. Star internazionale, voce inconfondibile, Noa non può più esibirsi in Israele, il suo paese, perché è vittima di un vero e proprio boicottaggio. Il suo 'crimine' è stato quello di aver preso spesso le parti dei palestinesi e di aver criticato il governo del suo paese per la sua politica nei loro confronti. E così si è aperta la lunga serie delle minacce, dei concerti cancellati, dei teatri che le chiudono le porte in faccia.

Anche in questi giorni, con la crisi di Gaza in corso, Noa non ha rinunciato a dire la sua. "Sono terrorizzata, angosciata, depressa, frustrata e arrabbiata", ha scritto sul suo blog la cantante, dicendo di voler "scomparire, sulla Luna se possibile" quando sente "i sermoni dei rabbini Ginsburg e Lior, che mitizzano la morte e l'uccisione in nome di Dio" o quando legge "le incredibili parole di razzismo e di odio scritte da qualche mio concittadino israeliano, i pianti di gioia quando vengono uccisi bambini palestinesi, il disprezzo per la vita umana".

L'elenco potrebbe essere ancora lungo. C'è Helly Luv, cantante curdo-irachena che, da quando ha lanciato il suo ultimo singolo 'Devi rischiare', in cui si esprime a favore dell'indipendenza del Kurdistan, è finita nel mirino dei jihadisti dello Stato islamico, che la minacciano di morte. E tante altre che come lei si sono concesse il 'lusso' di esprimere un'opinione, di portare avanti una battaglia, in paesi pronti a perdonare il loro stile di vita 'occidentale' e ad adorarle come dee, ma solo finché cantano d'amore e riempiono le pagine della cronaca rosa.

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