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Naufragio Crotone: cos'è la rotta turca, quanti migranti arrivano

27 febbraio 2023 | 16.45
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Il portavoce dell'Oim: "L'anno scorso il 15% arrivati da rotta turca, particolarmente costosa"

Naufragio Crotone: cos'è la rotta turca, quanti migranti arrivano

"Sono 100 le persone che hanno perso la vita nel naufragio davanti alle coste calabresi". E' la stima aggiornata che fornisce all'Adnkronos Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Organizzazione Internazionale per le migrazioni (Oim), riferendo che ieri i numeri erano ancora incerti, "ma dalle testimonianze dei sopravvissuti (82 persone), possiamo dire con certezza che a bordo dell'imbarcazione c'erano circa 180 persone". Dall'inzio dell'anno, quindi, sono "almeno 280 le persone che hanno trovato la morte nel Mediterraneo Centrale". Questa è sicuramente "la rotta più letale del mondo: lo scorso anno i morti in mare sono stati 1.417. Mentre dal 2014 - ed è una stima sempre per difetto - sono 20.530 le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo Centrale".

Di Giacomo spiega che "lo scorso anno il 15% delle persone arrivate via mare in Italia ha percorso la rotta turca, una rotta non particolarmente battuta ma cresciuta a seguito della crisi afghana del 2021, tant'è che dallo scorso anno è ormai stabile. La metà delle persone che arrivano lungo questo canale, come è facile immaginare, sono afghani. E' una rotta molto costosa e non tutti se la possono permettere, ma quello che vorrei evidenziare è che chi arriva da lì fugge da contesti di privazione dei diritti umani e drammatici. Non solo afghani, ma da lì giungono iraniani e pakistani".

"Ci auguriamo ora - sottolinea Di Giacomo - che le grandi attestazioni di solidarietà che un anno e mezzo fa furono fatte nei confronti del popolo afghano, come adesso nei confronti degli iraniani, non vengano meno. A me pare che si parli troppo di difesa dei confini: queste non sono persone da cui difendersi ma da proteggere. Occorre un approccio umanitario e non securitario, che non porta da nessuna parte se non ad altri naufragi". Che fare? "Bisogna dare priorità ai soccorsi in mare - c'è un sistema totalmente insufficiente nel Mediterraneo - e cominciare ad aprire più canali regolari. Serve, contestualmente, capire le molteplici cause che stanno dietro alle partenze, non basta bloccare gli sbarchi. Non è questa la soluzione". Secondo il portavoce dell'Oim "è incredibile" come un barcone con 180 persone a brodo non sia stato soccorso prima. "Questo dimostra la mancanza di un sistema di pattugliamento adeguato nel Mediterraneo. Che va assolutamente rafforzato. Come abbiamo visto, bastano pochi secondi perché imbarcazioni non adeguate alla navigazione affondino. Le barche quando vengono avvistate vanno sempre soccorse".

E poi: "si parla tanto di Ong, ma in realtà ci sono push factors dietro alle partenze, stabili ormai da tempo: violenze, diritti umani non rispettati, etc. Le Ong sono andate a colmare un vuoto istituzionale che si è creato dopo la fine dell'operazione Mare Nostrum. C'è assolutamente bisogno di un Servizio europeo di ricerca e soccorso, che coinvolga tutti gli Stati. La priorità è la salvezza delle vite in mare. Nel 2013 a Lampedusa si disse 'mai più' morti in mare, da allora invece ci sono state circa 20.500 vittime".
(di Sibilla Bertollini)

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