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‘Ndrangheta, Riesame di Roma conferma misure per boss Carzo e altri: anche 416 bis

30 maggio 2022 | 17.14
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Nei prossimi giorni attesa la decisione anche sul boss Alvaro e altri arrestati nella maxi operazione della Dda contro la prima ‘locale’ nella Capitale

‘Ndrangheta, Riesame di Roma conferma misure per boss Carzo e altri: anche 416 bis

Arrivano le conferme da parte del Tribunale del Riesame sulle misure disposte nell’ambito della maxi inchiesta ‘Propaggine’ della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e della Dia contro la prima ‘locale’ ufficiale di ‘ndrangheta nella Capitale. I giudici del Riesame hanno confermato l’ordinanza di custodia cautelare disposta gip di Roma per tredici dei quattordici arrestati che avevano discusso il loro ricorso la loro scorsa settimana: tra questi anche il boss Antonio Carzo.

Per l’altro capo dell’organizzazione, Vincenzo Alvaro, la decisione del Riesame è attesa nei prossimi giorni dopo che la sua posizione e quella di altri indagati è stata discussa nell’udienza che si è tenuta questa mattina a piazzale Clodio. I giudici, con le decisione assunte finora, hanno confermato l’accusa di 416 bis, l’associazione mafiosa, e dell’aggravante mafiosa per i reati fine. A coordinare le indagini che hanno portato all’arresto di oltre quaranta persone sono stati i procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò e i pm Giovanni Musarò, Francesco Minisci e Stefano Luciani che contestano, a vario titolo, le accuse di associazione mafiosa, cessione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco, fittizia intestazione di beni, truffa ai danni dello Stato aggravata dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta, riciclaggio aggravato, favoreggiamento aggravato e concorso esterno in associazione mafiosa.

A capo della ‘ndrina di Roma, secondo l’impianto accusatorio della procura di Roma, c’erano Vincenzo Alvaro e Antonio Carzo: proprio Carzo nell’estate del 2015 aveva ricevuto dalla casa madre della ‘ndrangheta l’autorizzazione per costituire una locale nella Capitale, retta dallo stesso Carzo e da Alvaro. “Noi a Roma siamo una propaggine di là sotto”, dicevano in un’intercettazione. E nelle conversazioni riportate nell’ordinanza del gip Gaspare Sturzo alcuni degli indagati facevano riferimento proprio al lavoro di alcuni magistrati e poliziotti che avevano lavorato prima in Calabria e poi a Roma: “c'è una Procura... qua a Roma ... era tutta ...la squadra che era sotto la Calabria. Pignatone, Cortese, Prestipino”…“e questi erano quelli che combattevano dentro i paesi nostri ...Cosoleto ... Sinopoli... tutta la famiglia nostra...maledetti”.

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