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Mo: emergenza idrica senza fine, a Ramallah acqua 2 volte a settimana/Aki

14 aprile 2015 | 11.26
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La disponibilità è di poco al di sopra della soglia indicata dall'Oms come livello rischioso per le condizioni igieniche. Un progetto finanziato dall'Ue punta al recupero delle acque reflue

Mo: emergenza idrica senza fine, a Ramallah acqua 2 volte a settimana/Aki

E' piena emergenza idrica a Ramallah e nei territori della Cisgiordania. Nella 'capitale' l'acqua scarseggia al punto che sui tetti di quasi tutte le case spuntano come funghi serbatoi di plastica neri in cui viene immagazzinato l''oro blu' nei brevi periodi di disponibilità, circa due volte a settimana. Per il resto rubinetti chiusi e un consumo medio di circa 70 litri di acqua al giorno, di poco al di sopra della soglia indicata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come livello rischioso per le condizioni igieniche.

"In alcune località (della Cisgiordania, ndr), in particolare nel sud, non arriviamo neanche a 20 litri pro capite al giorno", spiega ad Aki-Adnkronos International Monther Hind, il direttore della ong 'Palestinian Wastewater Engineers Group' (Pweg), i cui progetti sono in gran parte finalizzati al recupero delle acque reflue.

Dietro all'azione dello staff di Hind c'è l'annosa rivalità tra israeliani e palestinesi per il controllo delle risorse idriche. "Questa rivalità segna la storia moderna del Medio Oriente. Dopo la guerra dei 'sei giorni' del 1967, Israele ha preso il controllo della gestione della maggior parte dell'acqua delle falde della Cisgiordania e da allora ha imposto ai palestinesi restrizioni sull'utilizzo", afferma Hind, evidenziando la disparità di risorse a disposizione: "Ogni israeliano può contare su 300 litri di acqua al giorno".

In questo contesto storico vede la luce nell'agosto 2004 la Pweg. "Dopo la seconda intifada abbiamo visto la sofferenza degli enti locali. Così è nata la nostra mobilitazione", racconta il direttore in un perfetto italiano, frutto di studi universitari tra L'Aquila e Pisa. Oggi la Pweg conta su uno staff di sette persone, più numerosi esperti palestinesi e stranieri, anche italiani, che forniscono consulenze di ogni tipo, dal campo dell'ingegneria al fund raising.

"Il nostro obiettivo è il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura o da parte delle fabbriche", sottolinea Hind, presentando il fiore all'occhiello delle attività dell'ong ovvero il progetto 'Alternative sources of water for agricolture', creato nella zona tra i villaggi di Taybeh e Ramoun.

Qui, grazie a un contributo dell'Unione europea di quasi tre milioni di euro, è stato creato un depuratore a basso costo che - evidenzia Hind - "raccoglie l'acqua reflua dei due paesi e la purifica rendendola utilizzabile in agricoltura. In questo modo si risparmiano moltissime risorse idriche" fondamentali per alleviare la povertà della zona, 'assediata' da una base dell'esercito israeliano davanti alla quale fa anche capolino un insediamento di coloni.

Il depuratore è poco più sotto, in fondo a una vallata, distante al massimo un paio di chilometri in linea d'aria dalla base, al termine di una strada fangosa e piena di ulivi, l'unica vera risorsa economica dell'area.

"La produzione di olio è sufficiente per essere venduta anche all'estero, ma non facciamo marketing. Eppure potremmo chiamarlo l'olio della Terra Santa", si lascia andare a un commento amaro Hind percorrendo a piedi l'ultimo tratto della strada che porta alla struttura.

"Noi del Pweg lavoriamo per connettere il più alto numero di abitazioni al servizio di recupero delle acque reflue. Abbiamo costruito questo impianto di depurazione che serve cinquemila persone in due villaggi e depuriamo 500 metri cubi di acqua al giorno", rivendica orgoglioso.

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