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Generali: Sapelli, voto plurimo è barocchismo deteriore

19 maggio 2015 | 17.53
LETTURA: 5 minuti

La possibilità di introdurre il voto plurimo nelle società quotate, e nelle Assicurazioni Generali, "non è una cosa seria" e serve solo a "complicare la vita" delle imprese . Le loyalty shares sono una forma di "barocchismo deteriore" , utile a perpetuare gli assetti di potere. Lo sostiene Giulio Sapelli, studioso della corporate governance.

Generali, Galateri ha lanciato dibattito su voto plurimo (foto Adnkronos).
Generali, Galateri ha lanciato dibattito su voto plurimo (foto Adnkronos).

di Tommaso Gallavotti

La possibilità di introdurre il voto plurimo nelle società quotate in Borsa, recentemente introdotta in Italia, "non è una cosa seria" e serve solo a "complicare la vita" delle imprese. Le loyalty shares altro non sono che una forma di "barocchismo deteriore", utile a perpetuare determinati assetti di potere: la legge "aurea" della buona governance è "poche regole, ma chiare". E il fatto che l'introduzione delle loyalty shares possa essere discussa per le Assicurazioni Generali, una delle maggiori società italiane, partecipata da molti investitori istituzionali esteri (Blackrock, il maggiore gestore del mondo, è il terzo azionista) non è affatto positivo.

A dirlo all'AdnKronos è Giulio Sapelli, economista, saggista, docente di Storia Economica all'Università Statale di Milano, consulente aziendale con la Giulio Sapelli & Partners e studioso della corporate governance, tematica cui ha dedicato diversi volumi.

La possibilità di introdurre le loyalty shares in Italia (in estrema sintesi, le azioni che vengono detenute per due anni acquistano un diritto di voto raddoppiato) è stata introdotta nel nostro ordinamento nello scorso agosto. Il voto plurimo o maggiorato, afferma Sapelli, "non è una cosa seria. Da che mondo è mondo, abbiamo sempre avuto i voti singoli".

Complica la vita delle società e perpetua assetti di potere

Poi, aggiunge Sapelli, "per carità, serve per impedire lo shortermismo (il trading a breve termine, ndr) . Me ne rendo benissimo conto, ma non vedo perché accordare un privilegio così forte". L'economista è "molto colpito" dal fatto che il governo abbia "abolito il voto capitario nelle banche popolari con un decreto legge anticostituzionale. Poi si possono fare i voti plurimi". In ogni caso, "c'è la proprietà privata e gli shareholders possono amministrare come vogliono le loro azioni. Trovo però che il voto plurimo complichi la vita delle società".

Perché il capitalismo funzioni meglio in Italia, prosegue Sapelli, "abbiamo bisogno, e questo è l'insegnamento che ci viene dai grandi maestri della governance che sono inglesi, che le regole siano le più semplici possibile: poche regole, ma chiare. Questa idea del voto plurimo ci allontana dalla buona governance ed è una forma di barocchismo veramente deteriore".

I sostenitori del voto plurimo fanno notare, però, che le loyalty shares sono previste anche in altri ordinamenti: "Certo - continua lo storico dell'economia - le loyalty shares le conosco bene, sono una delle cose fondamentali che consentono a determinati assetti di potere di continuare nei secoli".

E' una poison pill, meglio le vecchie regole

"Personalmente, nella mia visione, molto tradizionale - aggiunge Sapelli - queste sono delle poison pill. I vecchi maestri della governance ci hanno insegnato che più semplicità c'è, meglio le società si governano". Beninteso, " non mi strappo le vesti, ma preferirei le vecchie sane regole".

Il fatto che si stia discutendo di introdurre le loyalty shares nelle Generali, aggiunge Sapelli, non è positivo: "Ero molto contento, per quanto non sia azionista né interessato personalmente, perché mi pare che Mario Greco stia facendo un ottimo lavoro", dice. A dire la verità a proporre il tema è stato il presidente, Gabriele Galateri: "Ma no - sorride Sapelli - il mio amico Galateri non si inventi queste cose qui, non è da lui. Siamo piemontesi, ci piacciono le cose semplici".

C'è chi sospetta che la proposta sia stata in qualche misura ispirata da qualcuno, anche se per la verità l'amministratore delegato Alberto Nagel è stato assai cauto sul tema: "Non ho nessun dubbio che sia stata suggerita - risponde lo storico ed economista - gliel'avrà detto Mediobanca. Io sono un uomo che invecchia e ho molti pregiudizi. Il più grave che ho è su Mediobanca: se una cosa viene da Mediobanca, non facciamola. Parola del professor Sapelli, che non deve essere eletto né cooptato, e che quindi tutto può dire". Il voto plurimo è un tema su cui il management delle Generali non si è espresso, dicendosi "neutrale" per bocca del Cfo Alberto Minali.

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