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Tumori: non solo 'geni Jolie', italiani svelano nuova mutazione a rischio

07 agosto 2015 | 17.09
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AFP PHOTO/CARL COURT - AFP
AFP PHOTO/CARL COURT - AFP

Non solo i 'geni di Angelina'. Una ricerca guidata dall'Italia ha svelato una nuova mutazione genetica associata a un maggior rischio di cancro al seno, in donne negative alla mutazione dei geni Brca1 e Brca2 che moltiplicano le probabilità di tumori mammari e ovarici e hanno spinto la Jolie all'asportazione totale. Lo studio, frutto della collaborazione tra l'Istituto nazionale tumori (Int) e l'Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) di Milano, è pubblicato su 'Human Molecular Genetics' e punta il dito contro il gene Fancm.

"Un nuovo tassello si aggiunge alle conoscenze che consentono alla medicina predittiva di quantificare il rischio di sviluppare patologie determinate anche da fattori genetici", sottolineano Int e Ifom in una nota congiunta. Gli scienziati, coordinati da Paolo Peterlongo dell'Ifom e da Paolo Radice dell'Int, stanno ora proseguendo gli approfondimenti che permetteranno di passare all'applicazione diagnostica della scoperta. Il lavoro è finanziato dall'Airc, l'Associazione italiana per la ricerca sul cancro.

Una mutazione del gene Fancm, già noto per il suo ruolo nell'anemia di Fanconi - ricordano gli esperti - causa la sintesi di una proteina non funzionale e permette di identificare un nuovo gruppo di donne a rischio di carcinoma mammario. I dati di frequenza, ottenuti confrontando più di 8.600 donne malate di tumore al seno e 6.600 donne sane provenienti da Italia, Francia, Spagna, Germania, Australia, Stati Uniti, Svezia e Paesi Bassi, suggeriscono infatti che le donne portatrici della mutazione presentano un rischio di sviluppare il carcinoma mammario più elevato rispetto a quello della popolazione generale.

Attualmente i fattori genetici individuati spiegano circa la metà di tutti i casi di familiarità e i ricercatori proseguono in questa direzione per identificare le cause del restante 50% dei casi con familiarità per la malattia. L'elemento di maggior rilievo di queste scoperte - precisano da Int e Ifom - consiste nella loro complementarietà, poiché le donne negative a uno dei test genetici possono invece risultare positive all'altro.‎

Al momento l'esempio più eclatante di geni predisponenti al tumore del seno è quello dei geni Brca1 e Brca2 che, se alterati da particolari mutazioni come accade nel 10-20% delle donne colpite dalla malattia che si sottopongono al test genetico, determinano una probabilità del 60-80% di sviluppare un carcinoma mammario nel corso della vita.

Il nuovo studio "è stato realizzato grazie alla collaborazione di molti centri italiani e stranieri che hanno messo a disposizione dati ottenuti nell'ambito di diversi programmi di ricerca - afferma Peterlongo - Per poter trasferire i risultati in ambito diagnostico saranno necessarie altre analisi per identificare ulteriori mutazioni nel gene e nuovi dati per determinare con più precisione il loro impatto sul rischio di sviluppare la malattia. In questo contesto risulta dunque importante che le persone che si sottopongono al test Brca aderiscano ai programmi di ricerca dei maggiori centri oncologici nazionali che mirano all'identificazione di nuovi geni simili a quello identificato dal nostro team di lavoro".

"Questa ricerca - aggiunge Radice - è un risultato significativo della collaborazione che vede Int e Ifom impegnati insieme sul fronte della suscettibilità genetica al cancro. I dati emersi incrementano le nostre conoscenze sui diversi geni che contribuiscono a innalzare il rischio di sviluppare un carcinoma mammario. Senz'altro i geni Brca1 e Brca2 conferiscono la quota maggiore di rischio. E' però già possibile, grazie ai più recenti avanzamenti tecnologici, eseguire test che analizzano simultaneamente interi 'pannelli' di geni di predisposizione al carcinoma della mammella, tra i quali in futuro potrebbe essere incluso Fancm".

"E' importante sottolineare che, dal momento che il rischio conferito dipende dal gene alterato e dalla mutazione identificata, è fondamentale che le persone che si sottopongono al test lo facciano esclusivamente previa consulenza genetica con lo specialista", raccomanda il ricercatore.

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