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Olio: Cina scopre la qualità superiore e chiede 'oro giallo' italiano

07 maggio 2014 | 16.57
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Olio: Cina scopre la qualità superiore e chiede 'oro giallo' italiano

Roma, 7 mag. (Labitalia) - La Cina ha fame di olio italiano, ma di qualità. I cinesi infatti, anche a seguito di alcune vicende che hanno suscitato molto clamore (come la vendita da parte di operatori cinesi di olio di sansa come extravergine), chiedono più tutela per l'origine e l'etichettatura trasparente: quindi tracciabilità del prodotto. Anche per questo un recente accordo tra il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e l'Aqsis (Amministrazione generale per la supervisione della qualità l'ispezione e la quarantena) della Repubblica Popolare Cinese ha reso più efficaci i controlli di qualità sull'olio d'oliva, attraverso una maggior scambio di informazioni e know-how tra i dipartimenti competenti al fine di assicurare un miglior coordinamento.

Nella classifica dei paesi fornitori della Cina, secondo i dati Unaprol (il Consorzio Olivicolo Italiano, cui aderiscono circa 550mila produttori olivicoli), l'Italia occupa il secondo posto, subito dopo la Spagna, con una quota di mercato che, nel 2013 ha raggiunto un livello del 21%. E anche se nel 2013 i flussi destinati alla Cina hanno subito una contrazione del 7% (considerando gli oli vergini) rispetto al 2012, l'analisi dei dati in valore, evidenzia una progressione del 16% sempre nel confronto 2013/2012 e con riferimento agli oli vergini. Insomma, il made in Italy è sempre più sinonimo di qualità e non perde la sua forza di attrazione, anzi.

"I cinesi -dice a Labitalia Pietro Sandali, direttore generale di Unaprol- hanno capito una cosa che invece ancora l'Unione europea non ha capito, e chiedono più garanzie sull'olio e soprattutto ne chiedono l'origine. Da anni conduciamo in Ue una battaglia sulla tracciabilità, ma siamo ancora alle discussioni senza concludere nulla". "In Italia le regole sono rigide e l'olio italiano è sicuro -aggiunge Sandali- ma è l'Europa che si deve adeguare".

Il mercato cinese, dice il dg di Unaprol, "è un mercato che si sta aprendo, ma a certe condizioni". Sandali dice che con l'olio sta succedendo la stessa cosa accaduta con il vino, il prodotto agroalimentare nazionale che per primo ha varcato le frontiere della Cina: "A fare la differenza nel gradimento di un prodotto, di un vino piuttosto che di un altro, è stato per molto tempo il prezzo. Poi un po' alla volta il consumatore cinese ha imparato ad apprezzare la qualità, rivolgendosi a prodotti di fascia superiore". Unaprol, dice Sandali, sarà a Taiwan l'11 giugno con l'Ice proprio per promuovere l'olio di qualità.

L'accordo Italia-Cina sull'olio contiene anche l'offerta da parte italiana di attività di formazione di esperti cinesi preposti ad effettuare i controlli di qualità dell'olio d'oliva italiano. Tale formazione contribuirà a rilanciare l'export italiano verso la Cina nel settore dell'olio d'oliva anche attraverso la partecipazione delle associazioni di categoria e dei consorzi.

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