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Oltre 200 bebè l'anno con malattie lisosomiali, progetto screening

21 marzo 2014 | 18.58
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Oltre 200 bebè l'anno con malattie lisosomiali, progetto screening

Bologna, 20 mar. (Adnkronos Salute) - Un prelievo di sangue dal tallone per 120 mila bebè in 3 anni. Partirà in Toscana il primo progetto italiano di screening neonatale sulle malattie da accumulo lisosomiale: un gruppo di circa 50 patologie metaboliche di origine genetica, "rare ma molto più diffuse di quanto si pensi", spiega all'Adnkronos Salute Marco Spada, direttore Uo malattie metaboliche Ospedale infantile Regina Margherita di Torino, in occasione del I Seminario sulle malattie da accumulo lisosomiale in corso a Bologna.

Le stime ufficiali parlano di 1 caso ogni 5-6 mila nati vivi, per un totale di circa 100 bebè all'anno colpiti in Italia. "Ma da uno screening 'a tappeto' condotto in Austria nel 2012 - sottolinea l'esperto - è emerso 1 caso su 2.500 nati solo per le 4-5 patologie lisosomiali più comuni. Considerando che nel nostro Paese nascono circa 500 mila bimbi ogni anno, queste malattie interesserebbero almeno 200 neonati l'anno". E per tutta la 'famiglia' delle lisosomiali "sono stimabili dai 200 ai 400 casi annui".

Contro queste patologie, accomunate da un difetto di funzione dei lisosomi (gli 'spazzini' delle cellule) e dalla mancanza o malfunzionamento di specifici enzimi, negli ultimi 20 anni si sono profilate possibilità terapeutiche che vanno dal trattamento enzimatico sostitutivo al trapianto precoce di midollo, fino alla speranza di terapia genica (correggere l'errore di partenza nel Dna), già sperimentata con successo all'Irccs San Raffaele di Milano contro la leucodistrofia metacromatica e allo studio anche per la mucopolisaccaridosi di tipo 1. L'esistenza di un approccio terapeutico rende cruciale la diagnosi precoce, e in questo senso "lo screening neonatale è la più importante azione di medicina preventiva che esista", assicura Spada.

Sul rapporto costi-benefici il dibattito è caldo e ancora aperto, ma la Toscana ha deciso di crederci: "Il progetto pilota è in fase avanzata di valutazione da parte del comitato etico regionale - annuncia Alice Donati, responsabile Uo malattie metaboliche muscolari ereditarie Aou Meyer di Firenze - Il responso, ci aspettiamo positivo, è atteso nei prossimi giorni. Lo screening riguarderà 3 patologie (malattie di Fabry, di Pompe e mucopolisaccaridosi di tipo 1), e coinvolgerà tutti i bimbi nati in Toscana e Umbria: oltre 40 mila l'anno, per un triennio".

Le 3 patologie lisosomiali scelte per il progetto toscano "rispondono ai requisiti richiesti per l'ammissibilità di una malattia allo screening neonatale", precisa Donati. Uno su tutti, "l'esistenza di una terapia". Poiché però le indagini sui bebè permettono di individuare anche forme patologiche, che magari compariranno solo più avanti negli anni, "fare diagnosi sui neonati non significa necessariamente trattarli subito - puntualizza l'esperta - bensì inserirli in un programma di monitoraggio, seguirli e capire se e quando iniziare la terapia" coperta da un Servizio sanitario nazionale sempre più alle prese con esigenze di sostenibilità della spesa. "Quando però si parla di costi - evidenzia la specialista - bisognerebbe anche chiedersi quali sono le spese causate da una diagnosi tardiva", sia per il paziente e la sua famiglia (complicanze, ridotta qualità della vita, giornate di lavoro perse), sia per il sistema stesso (costi diretti, indiretti e intangibili).

"Il centro di Torino - ricorda Spada - è stato il primo al mondo a dimostrare, in uno studio pubblicato nel 2006 sull'American Journal of Human Genetics, la fattibilità dello screening neonatale sulle malattie da accumulo lisosomiale. Siamo stati apripista e quindi ci tengo a dire che quello del risparmio, per come spesso viene posto, è un falso problema. Prima o poi questi pazienti verranno diagnosticati, e se esiste una terapia andrà somministrata e rimborsata. Ma farlo in ritardo significa moltiplicare i costi medici, sanitari e sociali".

Per i due esperti, dunque, una razionalizzazione intelligente passa piuttosto dalla "centralizzazione degli screening in una rete di centri specializzati, in Italia non più di 8-10, che servano grandi bacini d'utenza appoggiandosi a strutture minori periferiche". Inoltre, "è sbagliato pensare che programmare uno screening neonatale voglia dire soltanto acquistare un'apparecchiatura: serve un sistema complesso, fatto di macchine ma soprattutto di persone".

Afferma Spada: "Quello che l'autorità legislativa deve comprendere è che si tratta di formare, e di stabilizzare dal punto di vista delle garanzia lavorative, una nuova generazione di pediatri metabolisti che possano prendersi carico del follow-up e dell'assistenza di questi pazienti. Basterebbero 3 giovani in più per ognuno dei 10 centri di riferimento da valorizzare sul territorio nazionale, che non vivano però di borse di studio e precariato. Trenta assunzioni nel Paese - conclude - mi sembra possano essere una spesa sostenibile per un Ssn come il nostro. Ne guadagnerebbero i malati".

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