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Omicidio Calabresi, Achille Serra: "Stato lo lasciò solo, ucciso mille volte"

12 maggio 2022 | 20.33
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"Ucciso per anni ogni giorno sui muri, dagli intellettuali, nei cortei. Per me fu un amico e un maestro. Non gli diedero neanche la scorta, andava trasferito d'ufficio".

Achille Serra (Fotogramma)
Achille Serra (Fotogramma)

Un poliziotto gentile ma lasciato solo dallo Stato, un uomo che pagò il suo impegno con la vita e che non morì solo quel 17 maggio del 1972 ma altre mille volte. Così Achille Serra, ex questore di Milano ed ex prefetto di Roma, ricorda Luigi Calabresi a 50 anni dall'omicidio. Le sue parole, nonostante gli anni trascorsi, sono quelle di un amico ma anche di osservatore lucido di quegli anni. "Calabresi - racconta Serra all'Adnkronos - è stato ucciso per due anni e mezzo ogni giorno: non è morto solo 50 anni fa, ma ogni giorno è stato ucciso sui muri, nelle lettere degli intellettuali (poi ravveduti in gran parte, ndr), nei cortei".

Il rapporto con Calabresi risale al 1969, quando il 'superpoliziotto' era appena arrivato a Milano. "Come giovane agente fui messo con lui per qualche giorno: siccome eravamo entrambi romani facemmo subito amicizia. Uscimmo in macchina e c'era una contestazione del Movimento studentesco contro il Consolato americano, c'era una forte tensione e lo vidi uscire dall'auto e pensai 'questo è matto, ora gli menano'. Invece lui, con il dialogo, riuscì a placare gli animi. E' stato per tutta la mia vita un faro, uno dei miei punti di riferimento nella mia carriera. Ho solo ricordi positivi di lui, di affetto e grande stima". Dell'omicidio di Calabresi in via Cherubini, una traversa di corso Vercelli, ricorda ogni istante. "Appena arrivammo capimmo subito. Arrivarono tutti piangendo, io e il questore Allitto salimmo le scale per andare a dirlo alla moglie e ricordo le lacrime di quest'uomo così duro e ricordo la fierezza della moglie, donna straordinaria, che non si mise a fare scene isteriche".

Un delitto che scosse Milano - "portammo a braccio la bara dalla questura alla chiesa di San Marco, 100 metri in tutto" - e che ha i suoi colpevoli su cui Serra preferisce non commentare. "La figura del poliziotto finisce nel momento in cui inizia quella del magistrato", sebbene l'uomo provi ancora "un grande dolore per la morte di un amico e di un maestro". Un omicidio che forse poteva essere evitato dopo le tensioni nate con la morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli. "Chiesi a Calabresi 'perché non te ne vai? Hai moglie e figli' e lui mi rispose quello che avrei risposto anch'io: 'perché me ne devo andare, cosa ho fatto?'. Io biasimo terribilmente il governo di allora che non ebbe, o forse non volle, non sta a me giudicare, decidere per un trasferimento d'ufficio. Non solo, neanche una scorta aveva il povero Calabresi", ricorda con rammarico Serra.

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