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Omicidio Garlasco: legale Poggi, ecco perché Stasi è colpevole

19 dicembre 2014 | 14.57
LETTURA: 5 minuti

Gian Luigi Tizzoni analizza le prove che hanno portato alla condanna a 16 anni di carcere per l'unico imputato dell'omicidio di Garlasco. Dallo scambio di pedali alla mancanza di alibi, dalla 'camminata sperimentale' alle bugie, Alberto è 'colpevole, oltre ogni ragionevole dubbio'

(Grego/ Infophoto)
(Grego/ Infophoto)

"Non ho mai avuto dubbi sulle responsabilità di Alberto Stasi e la condanna conferma che tutto il lavoro fatto - l'intuizione sui pedali della bicicletta, le ricerche dei consulenti sul computer e sulle tracce genetiche - ha prevalso sulla delusione di due assoluzioni e ha restituito quella giustizia che non ho mai smesso di cercare per Chiara e per la sua famiglia". Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, parla all'indomani della condanna a 16 anni di carcere per Stasi accusato di aver ucciso la fidanzata.

Chiara, a usare le parole di mamma Rita Preda, in questi anni "è diventata anche la figlia dell'avvocato Tizzoni" e la passione del legale nei suoi interventi sul delitto - avvenuto nella villetta di via Pascoli a Garlasco (Pavia) il 13 agosto 2007 - è evidente: meticoloso, quasi maniacale nella lettura degli atti, ha vestito talvolta i panni dell'accusatore più di quelli dell'avvocato di famiglia. Capace di dosare gli attacchi, di incassare e non mollare, fino all'aprile 2013 il suo percorso verso la verità è stato costellato solo di sconfitte.

"Con una doppia conforme, ossia l'assoluzione in primo e secondo grado, in pochi ipotizzavano la decisione della Cassazione di chiedere un nuovo processo. Il monito da parte dei giudici - dice intervistato dall'Adnkronos - è stato preciso: occorre una valutazione 'complessiva e unitaria degli elementi acquisiti', serve svolgere tutti quelli accertamenti finora esclusi". Una richiesta che i giudici dell'appello 'bis' non hanno potuto ignorare. Se le perizie sulle unghie della vittima e il capello nella mano di Chiara non danno esiti tali da avere valore di prova, dal sequestro della bici nera e dalla 'camminata sperimentale' estesa ai due gradini della scala calpestati da Stasi prima di trovare il corpo arriva la svolta.

Appassionato di ciclismo, è da una semplice intuizione, poi confermata da esperti, che nasce la contestazione: "la bici bordeaux - sostiene Tizzoni - monta pedali non originali, il che rende credibile sospettare che li abbia sostituiti. Un gesto che spiegherebbe la presenza del Dna di Chiara trovato dal Ris di Parma. Anche la bici nera, vista da una vicina davanti a casa Poggi la mattina del delitto e su cui si concentra l'attenzione della stampa, ma sequestrata a Stasi solo lo scorso aprile, ha dei graffi sulla pedivella che denotano l'avvenuto scambio dei pedali. Ipotizzare che li abbia invertirli o che esiste una terza bici mai trovata dimostra solo una cosa: Alberto ha mentito".

La perizia sulla camminata "porta ad escludere la possibilità per Alberto di attraversare il pavimento sporco di sangue della villetta senza sporcarsi le scarpe"; l'esperimento sui tappetini dell'auto - Stasi la usa per raggiungere i carabinieri e dare l'allarme - "certifica che qualche traccia di sangue doveva restare". Contro l'imputato c'è una finestra temporale di 23 minuti in cui non ha l'alibi "non stava lavorando al computer alla sua tesi di laurea, attesta una consulenza informatica. Il nostro video, fatto vedere in aula, dimostra che quel tempo è sufficiente per compiere l'intera fase omicidiaria". Inoltre, "ci sono le sue impronte miste al Dna di Chiara sul dispenser del portasapone nel bagno dove l'assassino si lava e dove resta l'impronta della suola insanguinata numero 42, lo stesso di Alberto".

C'è, in sintesi, un elenco di 11 indizi "con tanto di omissioni" che rendono Stasi, imputato in un processo indiziario, "colpevole, oltre ogni ragionevole dubbio". Pochi minuti dopo 9 entra nella villetta di via Pascoli, colpisce Chiara alla testa forse con un martello, la getta giù dalle scale che portano nel seminterrato, si pulisce in bagno e poi scappa in bici, la tesi dell'accusa. La scena che descrive Alberto non è quella di chi scopre il corpo senza vita della fidanzata, ma è il racconto e il ricordo dell'assassino che dopo aver colpito non entrerà più in quella casa.

Bisognerà attendere le motivazioni - tra 90 giorni - per capire il ragionamento della corte che non ha riconosciuto l'aggravante della crudeltà condannando Alberto a 16 anni invece dei 30 chiesti dall'accusa. La sentenzaequilibrata", sottolinea Tizzoni che ringrazia il collega Francesco Compagna e il lavoro del sostituto procuratore Laura Barbaini. "La pena è determinata da un calcolo matematico: se non viene riconosciuta l'aggravante e si aggiunge lo sconto previsto nel caso di rito abbreviato la cifra è pari a 16 anni".

Solo dopo le motivazioni, la difesa presenterà il ricorso in Cassazione (il nuovo processo inizierà tra fine 2015 - inizio 2016) e solo dopo l'ulteriore condanna per Alberto si apriranno le porte del carcere. Tempi ed eventualità a cui, per ora, Tizzoni preferisce non pensare: "bisognerà leggere le motivazioni, poi si vedrà. Ora sono felice del lavoro fatto e di una sentenza, a più di sette anni dall'omicidio di Chiara, nel nome della verità".

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