"Chiedo loro la possibilità di perdonarmi. Oggi può sembrare un'utopia a causa del dolore che ho provocato. Ma io, così come tutta la mia famiglia e Viola, perseguirò questo obiettivo perché ho il fortissimo desiderio di poterli abbracciare e poterci unire al loro fortissimo dolore". Così Antonio Ciontoli, condannato lo scorso aprile in primo grado a 14 anni di reclusione per l'omicidio di Marco Vannini, fidanzato della figlia, si rivolge ai genitori del ragazzo in un'intervista esclusiva al quotidiano Il Dubbio, diretto da Piero Sansonetti. Vannini, 20 anni, è morto per uno choc emorragico, causato da un proiettile che gli ha perforato prima il polmone destro e poi il cuore. A spararlo proprio Ciontoli che, ritenendo erroneamente che la pistola fosse scarica, ha premuto il grilletto nella direzione di Marco, in quel momento ospite in casa sua, colpendolo sul braccio destro.
"Fino ad ora, nonostante le tante sollecitazioni ricevute, abbiamo scelto di non parlare con la stampa per rispettare la famiglia di Marco e anche il giusto processo - ha spiegato Ciontoli -. Abbiamo sempre ritenuto che fosse irrispettoso nei confronti di una istituzione, come quella della giustizia, usare i media per rendere pubbliche le proprie ragioni. Ora una sentenza è arrivata e ho scelto il vostro giornale per provare a dire quello che anche noi proviamo".
Nella lunga chiacchierata avvenuta nello studio dell’avvocato Miroli, che lo difende insieme all’avvocato Messina, Ciontoli ha raccontato come è la sua vita oggi, lontano da casa e dai suoi figli e quali danni ha provocato su tutta la sua famiglia il processo mediatico e quello del tribunale del popolo che si sono svolti parallelamente fuori dall’aula giudiziaria: "Sono arrivati ad augurare lo stupro di mia figlia sul web e sperano di vederci morire tutti sciolti nell’acido", ha raccontato.