Vasellame, monete e beni architettonici provenienti dal traffico clandestino, in particolare in Puglia e Campania. Effettuate 142 perquisizioni, operazione senza precedenti.
Oltre duemila beni archeologici, tra vasellame apulo-canosino a figure rosse, frammenti architettonici e monete italiche, oltre a metal detector e altri strumenti utilizzati nella ricerca e nello scavo clandestino. Sono i risultati dell'operazione condotta dai carabinieri del Comando Tutela patrimonio culturale e volta al contrasto del traffico di reperti archeologici, soprattutto in Puglia e Campania.
I carabinieri del Tpc hanno seguito 142 decreti di perquisizione, emessi dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, nell'ambito dell’indagine Artemide. "Si tratta di una operazione - ha spiegato all'Adnkronos il vice comandante del Tpc, colonnello Luigi Cortellessa - che, in questo particolare settore, non ha precedenti e che ha visto l'impiego di tutte le forze e i carabinieri del nucleo".
Le attività investigative, iniziate dal furto di una porzione di affresco dalla Casa di Nettuno di Pompei, sono finalizzate allo smantellamento di un gruppo strutturato, operante nell’intera Italia meridionale - particolarmente Campania e Puglia - e dedito a scavi clandestini, alla ricettazione e all’illecita commercializzazione di beni culturali.
L'operazione, estesa in numerose province su tutto il territorio nazionale, hanno avuto il supporto dell'Arma territoriale e mobile e del settimo Elinucleo dei Carabinieri di Pontecagnano, in provincia di Salerno. Le fasi preliminari avevano consentito il recupero di 874 reperti archeologici e l’arresto di tre indagati italiani, grazie alla collaborazione del gruppo Patrimonio historico della Guardia civil spagnola.