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Papa, dieci anni della Chiesa di Bergoglio

11 marzo 2023 | 14.06
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In occasione dell’anniversario dall'elezione, l’Adnkronos ha sentito diverse voci sulle sfide del primo pontificato globale, tra ansie e speranze dell’umanità. Mons. Baturi (Cei): "Con Francesco una Chiesa che torna al Vangelo"

Elezione Jorge Mario Bergoglio a Pontefice (Ipa/Fotogramma)
Elezione Jorge Mario Bergoglio a Pontefice (Ipa/Fotogramma)

Il pontificato di Papa Francesco compie dieci anni. La sera del 13 marzo 2013, il cardinale Jorge Mario Bergoglio veniva eletto vescovo di Roma assumendo il nome Francesco. Bergoglio succedeva ad un Papa che si era dimesso. Una decisione drammatica, che non accadeva da più di 600 anni. Bergoglio, affacciandosi dalla Loggia centrale del Palazzo apostolico, spiegò al mondo la scelta del nome: "E’ venuto nel mio cuore: Francesco d’Assisi. E' per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato". In occasione dell’anniversario, l’Adnkronos ha sentito diverse voci sulle sfide del primo pontificato globale, tra ansie e speranze dell’umanità.

C’è il punto di vista di esponenti della Chiesa, ma anche di uomini e donne del mondo laico. Non mancano voci critiche, come quella della storica Lucetta Scaraffia, che da sempre si batte perché le donne nella Chiesa abbiano voce. Il cardinale Marcello Semeraro, tra i più stretti collaboratori di Bergoglio, in occasione del decennale ha scritto un libro andando alle radici della scelta del nome, Francesco. C’è il punto di vista di Franco Grillini, leader storico del movimento Lgbtq che parla di "luci e ombre" del pontificato di Bergoglio apprezzandone il cambiamento dei "toni" nei loro confronti . L’ex parlamentare, presidente emerito dell’Arcigay chiede  a Bergoglio di incontrarlo. 

Il Pontefice, da subito, ha dato l’indicazione della strada da percorrere intraprendendo il suo primo viaggio a Lampedusa, incrociando sguardi, parole, silenzio e morte. "Bergoglio andrebbe ovunque c’è sofferenza, anche a Cutro", dice il presidente della Commissione Cei per i migranti mons. Gian Carlo Perego.

Mons. Baturi (Cei): "Con Francesco una Chiesa che torna al Vangelo" - Dieci anni di Chiesa di papa Francesco nel segno di un ritorno all’essenziale: il Vangelo. Il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi, in una intervista all’Adnkronos, ripercorre i momenti più significativi e toccanti dei dieci anni di pontificato a partire da quel ‘buona sera’, quale segno di "prossimità" con cui si presentò al mondo intero. "In questi anni, papa Francesco ci ha offerto un Magistero molto ricco, incarnato nella storia, capace di affrontare i cambiamenti del tempo con uno sguardo profondo, mai astratto. Penso che uno dei tratti fondamentali - osserva il segretario generale della Conferenza episcopale italiana - sia proprio il richiamo a quella dimensione contemplativa che aiuta a vedere le persone e la terra come un dono, da amare e di cui prendersi cura, e non come qualcosa da sfruttare e poi scartare. Se dovessi indicare un tema cardine sceglierei quello della ‘cura’, su cui il Papa insiste spesso e che nell’Enciclica Fratelli tutti ha sviluppato rileggendo la parabola del Buon Samaritano".

I momenti più toccanti del pontificato, dice mons. Baturi, sono numerosi "e sono legati soprattutto agli sguardi, alle mani strette, alle carezze, agli abbracci donati alle tantissime persone incontrate alle Udienze generali o nei diversi angoli del mondo. Resta impresso nella mente e nel cuore di ciascuno quel ‘buona sera’, rivolto al mondo poco dopo l’elezione, segno di una prossimità e di un calore con i quali continua ad accompagnarci. E come dimenticare il momento straordinario di preghiera, il 27 marzo 2020, nei giorni bui della pandemia, quando solo in una piazza San Pietro deserta si è caricato sulle spalle la sofferenza e lo smarrimento dell’umanità intera? E poi quelle lacrime per le vittime della guerra in Ucraina, versate l’8 dicembre scorso davanti alla statua della Vergine Immacolata in piazza di Spagna, che ci hanno ricordato quanto sia importante riacquistare la capacità di piangere con chi piange".

Il segretario generale della Cei ha un ricordo personale di Bergoglio, legato alla fase più acuta della pandemia. Ricorda così "la sorpresa e la gioia nel ricevere una sua lettera autografa per il 650esimo dell’arrivo del simulacro di Nostra Signora di Bonaria a Cagliari. Era la fine di marzo del 2020, vivevamo tutti un momento di sofferenza e faticosa trepidazione per il diffondersi del virus. Quella lettera fu una carezza, un gesto di tenerezza per la comunità cagliaritana e per la Sardegna, una benedizione particolare che porto nel cuore".

Bergoglio per cosa passerà soprattutto alla storia? "E' una pagina aperta, quindi ancora da scrivere. Già sin d’ora però - dice il Segretario generale della Cei - possiamo dire che sarà senz’altro ricordato per la sua capacità di entrare nella storia delle vicende umane, di accompagnare il cammino delle comunità. Va in questa direzione anche il suo impegno per un rinnovamento sostanziale della Chiesa, a partire dalle sue strutture, e per un ritorno all’essenziale: il Vangelo".

Mons. Perego 'Francesco a Cutro? Tutto è possibile' - Monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei che si occupa di migranti nonché presidente della fondazione Migrantes, nel decennale del pontificato, in una intervista all’Adnkronos riflette sul magistero dedicato ai migranti. "Un pontificato - ricorda Perego - che è stato aperto dal viaggio a Lampedusa, in quell’incrocio di sguardi, parole, silenzio e morte, e che dieci anni dopo vede ancora volti di morti e di sofferenza nel naufragio di Cutro. Sempre protagonista, un Papa che invita all’accoglienza e a lottare contro ogni forma di sfruttamento. I migranti sono al centro del pontificato del Papa e come ha detto il card. Czerny sono davvero un sacramento, un luogo dove riconoscere la presenza del Signore".

In dieci anni non si contano le volte in cui il Pontefice ha fatto sentire il suo grido di dolore per gli ultimi della terra. "Il suo grido di dolore - osserva l’esponente della Cei - a volte è ascoltato, qualche volta le sue parole sono strumentalizzate, non è invece ascoltato il suo impegno, che deve essere forte per tutti, ad accogliere, a tutelare, a promuovere e ad integrare. I quattro verbi sui quali insiste sempre il Papa e che dovrebbero formare la nostra azione ecclesiale, sociale e politica". Mons. Perego, vescovo dei migranti, e Papa Francesco si sono incontrati tante volte. "In tutti gli incontri - dice Perego - al centro c’è sempre stato l’impegno continuo per i migranti, i più deboli".

Il pontificato, con il viaggio a Lampedusa, si è aperto dieci anni fa con l’indicazione di un percorso. Il Pontefice potrebbe ora andare a Cutro? "Tutto è possibile. Il Papa ha apprezzato molto il viaggio del Presidente della Repubblica a Cutro. Dipendesse solo da lui, Bergoglio andrebbe ovunque c’è sofferenza , anche a Cutro naturalmente".

Impagliazzo (S.Egidio): "Un pontificato che abbraccia le povertà del mondo" - Un pontificato che abbraccia le povertà del mondo. Nel decennale del pontificato di Papa Francesco, Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio, in una intervista all’Adnkronos, ripercorre i dieci anni di pontificato di un Papa arrivato al soglio di Pietro dopo le dimissioni di Benedetto XVI che sconvolsero la Chiesa e il mondo intero. Impagliazzo racconta anche due aneddoti legati al Papa argentino che dicono tanto della persona.

"Il pontificato di Papa Francesco- osserva Impagliazzo - suscita sorprese dal giorno dell’elezione. Bergoglio si è definito un ‘papa dalla fine del mondo’ ed è quello con cui la Chiesa si è dovuta misurare. In epoca contemporanea avevamo avuto papi italiani, europei al massimo". Già questa novità, con una sua specificità, annota il presidente della comunità di Sant’Egidio, "e‘ un modo di rapportarsi alla realtà." Un Papa che si muove "nel solco della tradizione della Chiesa", la vera "novità è il suo stile, - dice Impagliazzo -alcune decisioni di rottura: pensiamo alla scelta del nome o a quella di non vivere nel palazzo apostolico. Il suo rapporto privilegiato con i poveri. C’è poi da tenere conto del fatto che è un Papa che è venuto dopo la drammatica rinuncia di un altro Papa".

"Benedetto XVI - osserva il presidente di Sant’Egidio- rinuncio’ al pontificato certamente per il fatto che non aveva più la forza ma voleva dire anche che i problemi della Chiesa erano talmente tanti che non se la sentiva, non aveva le forze per affrontarli. Sono stati risolti tutti i problemi rimasti aperti con Benedetto XVI? Questa la domanda che rimane di un pontificato che ha affrontato crisi che venivano da lontano".

Una missione tormentata quella di Francesco? "Complessa, perché - ricorda Impagliazzo -come ha detto Riccardi è il primo papa globale che ha vissuto questi dieci anni con le contraddizioni del mondo globalizzato, con la guerra in Ucraina. Un pontificato tormentato, complesso perché tormentato e complesso è il mondo in cui vive la Chiesa".

Tra le immagini simbolo del pontificato del Papa argentino, Impagliazzo indica "la grande preghiera del 27 marzo 2020. Durante la pandemia che ha sconvolto il mondo, è il Papa che dice che siamo tutti sulla stessa barca. Che chiede di affrontare insieme questa tragedia ma che non possiamo ritenerci sani se il mondo è malato". Tra le istantanee del decennale anche il viaggio del Papa a Lampedusa con cui ha inizio il pontificato. Per cosa passerà alla storia Bergoglio? " Per avere messo al centro dell’attenzione del mondo le periferie, gli scartati che ci spiegano che da loro bisogna partire", osserva il presidente di Sant’Egidio. Ci sono ingenuità da parte di Bergoglio? "In lui - osserva Marco Impagliazzo - c’è una certa libertà di espressione che non sempre corrisponde con i canoni che normalmente ci si immagina da un capo di stato, da un leader. Il suo modo di parlare e’ diretto, semplice ma nel senso profondo. Certe espressioni che possono sembrare politicamente scorrette in realtà rappresentano una visione che tiene conto dei problemi della gente".

Il presidente di Sant’Egidio consegna anche due aneddoti legati al suo rapporto con Bergoglio. Il primo quando Francesco andò a Lesbo la seconda volta: "Conobbe situazioni di migranti particolarmente dolorose, mi fece telefonare direttamente dal campo per chiedermi se attraverso il protocollo dei corridoi umanitari queste persone potevano essere da lui accolte a Roma".

Bergoglio ha fatto due visite a Santa Maria in Trastevere. "Era previsto che salutasse un gruppo di senza fissa dimora e disabili - ricorda Impagliazzo - ma per problemi di protocollo andò via senza salutare. La mattina dopo mi telefonò scusandosi". Per fare ammenda, Bergoglio ricevette il gruppo a Santa Marta: "Mi colpì l’umiltà e il fatto che laddove ci sono i poveri, hanno la priorità". Il suo dolore più grande? "La guerra e i morti in mare. Bergoglio più e più volte ha denunciato come il Mediterraneo sia il più grande cimitero d’Europa, per lui una grande sofferenza". Oggi, lo stesso dolore per il naufragio di Cutro.

Bergoglio e il femminismo, parla la storica Scaraffia - Dieci anni di pontificato di papa Francesco sotto la lente delle donne. Lucetta Scaraffia, storica che da sempre si batte perché le donne nella Chiesa possano contare davvero, già direttrice fondatrice del mensile dell’Osservatore Romano ‘Donne, Chiesa , mondo’, con l’Adnkronos analizza il decennale alla luce del ruolo delle donne nella Chiesa. La sua, è una posizione critica. Proprio neo giorni scorsi, Francesco, ricevendo la redazione del mensile oggi coordinato da Rita Pinci, ha ribadito che "le donne hanno una capacità di gestire e di pensare totalmente differente da noi e anche, io direi, superiore a noi, un altro modo. Lo vediamo in Vaticano, anche: dove abbiamo messo donne, subito la cosa cambia, va avanti. Lo vediamo nella vita quotidiana. Una volta la Von der Leyen mi disse che risolve alcuni problemi come fanno le mamme".

Un Papa femminista? "Femminista solo a parole, - dice Scaraffia -molto abile nel sembrare femminista, ma non lo è". La storica ricorda un discorso durissimo che il Papa fece contro l’aborto, in occasione di una udienza generale, nel maggio 2018. Disse: ‘E’ giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto fare fuori un essere umano benché piccolo per risolvere un problema’. Oggi, dice Scaraffia: "Io da cattolica dico che l’aborto è un peccato gravissimo ma è qualcosa che attraversa il corpo della donna e crea una sofferenza fisica e psichica. Quella frase è priva di pietà".

Per Scaraffia restano senza una risposta gli abusi sessuali sulle religiose: "In realtà Bergoglio non ha mai affrontato quella che è la base dell’operazione donna nella Chiesa, vale a dire gli abusi sessuali sulle religiose. Ha sempre detto che se ne occupava ma non lo ha fatto. Anche il caso Rupnik (il gesuita sloveno accusato di abusi su diverse religiose) ha dimostrato come abbia preso alla leggera la vicenda. Fino a quando le donne subiranno questi trattamenti non avranno rispetto nemmeno nell’ascolto". Diverse nomine di donne, in questi anni, ci sono state nella Chiesa ma Scaraffia osserva: "Sono isolate e, soprattutto, sono scelte tra le più obbedienti. Faccio un esempio: con l’Uisg, l’Unione delle superiori generali, non c’è rapporto e loro sono elette da donne, sono donne che hanno una idea della Chiesa e di quello che fa".

In sintesi, per la storica le donne ancora oggi nella Chiesa sono relegate ad un "ruolo cosmetico. Penso al fatto di avere dato loro l’accolitato e il lettorato, in realtà è un ruolo che le donne svolgono da venti anni. Mentre sul diaconato, che sarebbe una svolta vera, il Papa ha prima istituito una commissione che ha partorito un documento che lui non ha mai reso pubblico dopodiché ha creato un’altra Commissione che non fa riunire quasi mai. E’ chiarissimo che non vuole arrivare alla fine del problema".

Il Bergoglio dell’enciclica sociale Laudato si’ è apprezzato da Scaraffia: "Un’opera molto importante in cui ha ricordato che chi paga il prezzo più alto per la distruzione dell’ambiente sono i poveri, i paesi del Terzo mondo".

'Luci e ombre' del pontificato viste dal leader Lgbtq Franco Grillini - I dieci anni di pontificato di papa Francesco visti da Franco Grillini, ex parlamentare e storico leader del movimento Lgbt, presidente onorario dell’Arcigay. Grillini, in una intervista all’Adnkronos, parla di "luci e ombre" nel pontificato. Le "luci sono i toni: non c’è confronto tra questo Papa e i predecessori. Con Ratzinger - ricorda Grillini tornando agli anni in cui sedeva in Parlamento- andammo allo scontro frontale: quando venne eletto, io ero alla Camera in sala stampa ancora in carica. I giornalisti mi dissero: ‘Ora sono c...per voi’ . Ratzinger ha sempre avuto posizioni omofobe, come Wojtyla, pur essendo circondato da preti omosessuali. Il cambio dei toni e’ molto importante. Non solo con Bergoglio non c’è più l’ossessione omofoba dei predecessori, c’è anche una riduzione dell’ossessione sessuofoba".

Franco Grillini riflette: "Se con Ratzinger, e prima con Wojtyla, c’era una coincidenza tra religione e morale, con la religione trasformata in una sequela di divieti con l’’anima nera’ del cardinale Camillo Ruini, con Francesco i toni sono cambiati: gli omosessuali non sono più l’avversario indicato dai papi al pubblico ludibrio. In queste luci, c’è una cosa molto importante che ha detto Bergoglio, che bisogna riprendere la campagna mondiale di decriminizzazione dell’omosessualità. Che l’omosessualità non è un reato e che dovrebbe essere eliminato nei Paesi dove lo è. Non solo, Bergoglio ha detto anche che i Vescovi che li criminalizzano commettono peccato. Questo è importante perché ci sono più di 70 Paesi dove l’omosessualità è reato: in Iran c’è l’impiccagione con le gru. In Arabia Saudita la lapidazione". Che il Papa sia intervenuto in tal senso, osserva lo storico leader del movimento Lgbtq è importantissimo: "La pressione internazionale funziona e che lo dica il Papa ha un peso perché quando all’Onu fu tentata un’azione dei paesi democratici per la decriminalizzazione internazionale dell’omosessualità - questa mozione era capitanata dalla Francia con Sarkozy al potere - l’Osservatore Onu in Vaticano si oppose: il nunzio disse che decriminalizzarla sarebbe stato normalizzare, in modo inaccettabile, l’omosessualità". Qualcosa sta cambiando finalmente: "Alla luce delle parole del Papa, ribadite peraltro più volte, - dice Franco Grillini- spero cambi anche l’atteggiamento del nunzio apostolico all’Onu".

Nei confronti del mondo Lgbtq, osserva Grillini, rimangono ombre: "L'ideologia gender, che è stata inventata negli anni ‘90, da uno che si chiama Tony Anatrella", il prete psicoterapeuta accusato di abusi sessuali su persone fragili, tra cui un minorenne, che nel 2018 al termine di un processo canonico fu sospeso dalla pratica pastorale per aver abusato di almeno cinque suoi pazienti, giovani adulti. "Questa storia dell’ideologia gender - osserva Grillini - è una fake news. Bergoglio, bontà sua, ha anche detto che gli omosessuali non ne sono responsabili ma sta di fatto che resta una clava contro di noi".

Bergoglio in questi dieci anni ha incontrato diverse persone legate al mondo Lgbtq. Nel settembre 2022 si è confrontato con i membri dell’associazione La Tenda di Gionata, che riunisce i cristiani lgbtq. Il presidente onorario dell’Arcigay non ha mai incontrato Bergoglio a tu per tu ("l’ho visto al volo mentre facevo colazione in centro al bar") quando andò a Bologna. "Lo incontrerei volentieri a tu per tu - lancia la proposta Grillini -. Con Ratzinger quasi ci scontrammo". Era un Venerdì santo. "C’era la Via Crucis. Il Centro di Roma - ricorda - era bloccato, io passavo nei pressi per andare in tivu da Mentana. Ratzinger incrociò il mio sguardo come a dirmi ‘Ora che vuoi fare? ‘. Non feci nulla, andavo anche di fretta. Io però parlo con tutti. Se ora Bergoglio volesse parlare anche con me, io sono pronto. Gli potrei spiegare che questa cosa dell’ideologia gender è una pura invenzione".

Franco Grillini torna sull’importanza del cambio di toni nei confronti dei gay con il pontificato di Papa Francesco: "La questione toni e’ importante perché in passato c’era un alto tasso di suicidi di giovanissimi credenti che vivevano un tragico conflitto tra l’identità omosessuale e la propria fede: da quando i toni sono cambiati, questo aspetto si è ridotto. L’alto tasso di aggressività era come se giustificasse l’aggressività contro il mondo Lgbtq". Il presidente onorario dell’Arcigay registra naturalmente che nella Chiesa sono "cambiati i toni ma non cambia la dottrina . Quindi restiamo tra luci ed ombre".

Grillini, dopo avere portato avanti tante battaglie per i diritti delle persone omosessuali, vorrebbe parlarne con Bergoglio. "Per dialogare. Noi, - dice - anche nei tempi più bui, abbiamo sempre cercato un dialogo sotterraneo con la Chiesa. Ora penso che un convegno Internazionale, per fare il punto sulla protezione umanitaria, potrebbe farci sedere tutti insieme attorno allo stesso tavolo. Sarebbe bello fare partecipare anche il Papa".

Un Pontefice di nome Francesco, il cardinale Semeraro va alle origini della scelta - Un Papa di nome Francesco. Per quali ragioni un discepolo di sant’Ignazio di Loyola ha dato al suo pontificato un’impronta così ‘francescana’? Nel decennale dell’elezione di Papa Francesco, uno dei suoi più stretti collaboratori, il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del dicastero delle cause dei santi, con il libro ‘Il francescanesimo di un papa gesuita’ (edizioni Messaggero Padova) aiuta a scoprire il 'francescanesimo' di Bergoglio, a cominciare dalla scelta del nome.

"Diversamente dai suoi predecessori - scrive il cardinale Semeraro nel volume fresco di stampa - Bergoglio giunge alla scelta del nome di Francesco sollecitato non da ricordi personali, o istituzionali, bensì unicamente dalla provocazione fattagli in conclave nel momento decisivo della scelta giuntagli da una persona amica". Sottolinea il porporato : "Accostando, al suo, il nome di San Francesco d’Assisi, Bergoglio non diventerà un ‘francescano’ ma continuerà a essere un ‘gesuita’". Il porporato, testi storici alla mano, ha documento le origini della scelta del nome: "Le fonti attestano che, al tempo della sua conversione, San Francesco fu per Ignazio di Loyola il più familiare tra i santi e che alla sua storia egli si appassionò al punto da condividere con lui l’amore tenero e forte per l’umanità di Cristo, imitandolo pure nella pratica di ‘Madonna di povertà’".

Il cardinale Semeraro ricorda che ci fu una fase nella vita di Sant’Ignazio nella quale "pensò pure di andare scalzo fino a Gerusalemme ed è questa una idea che coltiverà a più riprese. La prima volta - come ritengono gli studiosi - proprio per imitare San Francesco d’Assisi. A dissuaderlo dall’andarvi fu un provinciale dei Francescani. Superati comunque i dubbi e le incertezze ecco che Ignazio imiterà Francesco e, da Monserrato a Salamanca spogliatosi delle sue vesti indosserà come lui il ‘sacco’ dei penitenti e abiterà coi poveri e coi malati ". Il cardinale indica anche le "coincidenze biografiche" tra Bergoglio e il Poverello di Assisi: "Nella biografia di Bergoglio c’è qualcosa che ha il sapore dell’esperienza francescana circa il primato e la priorità della Misericordia. Francesco è fortemente convinto della caratteristica performativa della Misericordia". Un altro collegamento con il Poverello di Assisi nell’enciclica sociale del Papa, Laudato si’ dove, rileva Semeraro, "l’espressione ecologia integrale compare subito in rapporto a San Francesco d’Assisi".

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