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Pd, Renzi lascia la scena a sinistra: non c'è solo Orlando

11 marzo 2017 | 21.34
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

(dall'inviato Mara Montanari) - Matteo Renzi sceglie il low profile per la seconda giornata del Lingotto. Presenza solo sui social. Un post su Facebook e una foto, dal retropalco, postata su Instagram. Accoglie gli ospiti, fa una foto a Emma Bonino, ma si tiene in disparte. La scena è lasciata all'altra metà del ticket, quella di sinistra, ovvero Maurizio Martina. Il ministro dell'Agricoltura, classes '78, provenienza Ds. E poi Teresa Bellanova che scalda la platea.

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Una 'sceneggiatura' messa a punto per far vedere che la sinistra con Renzi c'è, è vitale, e che non è rappresentata solo da Andrea Orlando.  Ieri la carica ai militanti, oggi la giornata della sinistra, domani le conclusioni con un intervento che "parlerà anche a chi è fuori di qui". Le primarie del resto sono aperte a tutti. Dunque, il giorno del''orgoglio' di sinistra. Dice Martina: "Il cuore della nostra sfida -dice- è il lavoro. C'è ancora bisogno di una nuova stagione dei diritti del lavoro. Destra e sinistra sono ancora diverse e la loro diversità si misura anche sulle risposte che si danno su queste sfide". 

Martina cita il partigiano Cervi e rivendica il progetto del Pd: "Noi siamo il Pd e non torniamo indietro". "Non si torna alle case madri". Quelle a cui apparteneva una classe dirigente, leggi massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani, da non imitare: "Io sento che c'e' una responsabilità in più per la nostra generazione: quella di non percorrere più le vie della divisione a sinistra che troppo spesso hanno regalato praterie alla destra".

La sinistra a cui guarda il Pd renziano e' quella di Giuliano Pisapia con il suo Campo progressista, oggi presentato a Roma. C'era Roberto Speranza ad ascoltare l'ex-sindaco di Milano ma dal Lingotto, Matteo Orfini, non lascia cadere la sollecitazione al Pd che arriva da Pisapia quando chiede ai dem di scegliere tra centrosinistra e Ncd-Verdini: "Con Alfano siamo al governo insieme, perché nel 2013 non abbiamo vinto le elezioni e per andare avanti ci siamo alleati con forze a noi alternative. E' pero' abbastanza evidente che con un partito che si chiama Nuovo Centro Destra difficilmente potrà ancora allearsi un partito di sinistra".

"Il Pd -dice Orfini- è il più grande partito della Sinistra europea e quindi la sua collocazione è chiara, nel centrosinistra. Lo abbiamo ribadito in ogni occasione e Pisapia lo sa benissimo", argomenta il presidente dem ma Dario Franceschini, dal palco del Lingotto, la mette giù in modo diverso. Il dialogo con un'area moderata di centrodestra non è solo auspicabile ma "sono i numeri ad imporcelo". 

"Con 2 Camere e 3 poli, i numeri ci dicono che difficilmente un solo polo avra' la maggioranza in entrambe le Camere. Per questo il Pd deve costruire un campo largo, deve includere. Noi dobbiamo allargare il campo ed e' nostro interesse che nasca un'area moderata nel centrodestra con cui sia possibile dialogare e condividere valori", dice Franceschini. Prima del ministro dei Beni Culturali, sul palco era salita Teresa Bellanova. Il suo l'intervento piu' duro sui fuoriusciti Pd. "Auguri a chi e' andato via. Avete festeggiato la sconfitta al referendum e lo avete fatto perché avete visto in quella sconfitta aprirsi lo spazio di un ritorno alla palude, al manuale Cencelli", attacca Bellanova.

La giornata e' scandita dagli interventi di ministri da Pier Carlo Padoan, Roberta Pinotti e Giuliano Poletti. E ancora Sergio Chiamparino che si schiera con Renzi e dice si sentirebbe un "vigliacco" a cambiare casacca ora "che il vento non soffia più in poppa come nel 2014". E parla anche Maria Elena Boschi, per la prima volta a un'iniziativa del Pd dopo il referendum dl 4 dicembre. Un intervento low profile per l'ex-ministro che cita la "sconfitta" ma dice che "il cammino va avanti, l'avventura e' solo all'inizio". 

Intorno gli ospiti, quasi 3mila gli iscritti, e i 12 workshop al lavoro sul programma. Una partecipazione che ha galvanizzato i renziani dopo i giorni tesi del caso Consip (Luca Lotti sarà al Lingotto domani mattina). "C'e' un generazione Lingotto che sta crescendo", dicono dalle parti di Renzi. Un ricambio generazionale, una classe dirigente, dallo stesso Martina a Matteo Ricci, in crescita.  Il passaggio 'da io a noi' che domani Renzi dovrebbe ribadire in chiusura.

Oggi intanto lo ha accennato su Facebook: "Quello che non tutti hanno colto, negli editoriali e nei commenti, è che la forza di questa straordinaria esperienza non è il leader, non è il ticket, non è il gruppo dirigente. La forza di questa storia -scrive Renzi- è che qui c'è un popolo vero, in carne e ossa, che non si rassegna a lasciare il futuro al catastrofismo". 

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