Intervista di Labitalia al giuslavorista.
Con la lettera di licenziamento inviata dalla Fiat ai quattro lavoratori del polo logistico Fiat di Nola, dice a Labitalia il prorettore alla Didattica e docente di Diritto del lavoro della Luiss Guido Carli, Roberto Pessi, “si apre un contenzioso destinato a fare storia e destinato a chiarire definitivamente qual è il limite dei comportamenti che, nel rispetto della libertà d’espressione, si possono assumere nelle manifestazioni sindacali”.
A far scattare il licenziamento per quattro operai in cassa integrazione del polo logistico Fiat di Nola, infatti, sono state le manifestazioni di protesta del 5 e del 10 giugno svoltesi davanti all’area del polo, in cui erano stati esposti un manichino impiccato dalle sembianze dell’ad Fiat, Sergio Marchionne, e anche una finta bara.
“Siamo chiaramente al confine tra due diritti diversi: da un lato -spiega Pessi- il diritto di sciopero e la libertà di manifestare il proprio pensiero e dall’altro il rapporto che lega il lavoratore all’azienda, che si basa anche su un vincolo fiduciario, che in certe situazioni può venire meno”. “Credo che questa vicenda sia destinata a fare storia -aggiunge- e credo che la Fiat l’abbia scelta come emblema per chiarire definitivamente fino a che punto sia lecito spingersi nell’esercizio i certi diritti”.
Certo è, dice Pessi, che “qualunque sarà la sentenza finale, sia se sarà a favore dei lavoratori sia se sarà a favore della Fiat, tra 3 anni circa la Cassazione ci dirà quale sarà il confine da non superare nelle manifestazioni e credo che in questo senso sarà una sentenza utile a tutte le relazioni sindacali nel Paese”.
E se da un lato “gli elementi, le ‘prove’, addotti dall’azienda, la bara e l’impiccagione, non sembrano coerenti coi valori costituzionali -osserva Pessi- dall’altro siamo di fronte a un’azienda, la Fiat, molto particolare, che già negli anni ‘50 licenziò un lavoratore perché iscritto al sindacato, teorizzando che i diritti sindacali valevano fuori e non dentro la fabbrica”.
Pessi cita altri episodi: “Il licenziamento di 52 lavoratori negli anni ‘70 perché sospettati di essere brigatisti e poi gli episodi più recenti di Melfi e Pomigliano”. “In Fiat -osserva- c’è anche un ‘singolare’ sindacato autonomo, accusato da più parti di essere aziendalista. Insomma -conclude Pessi- c’è tutta una linea di comportamento che si muove sull’idea dell’inutilità dei corpi intermedi e dunque dei sindacati. E non a caso Marchionne nutre grande simpatia per Matteo Renzi”.