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Pfizer 21 giorni, le news sulla seconda dose dall'Italia

12 maggio 2021 | 11.58
LETTURA: 6 minuti

Le ultime notizie sul possibile slittamento della seconda somministrazione a 42 giorni dalla prima

Fotogramma /Ipa
Fotogramma /Ipa

Pfizer, 21 giorni o 42 per effettuare la seconda dose del vaccino? Ecco le ultime news e cosa dicono gli esperti, ma anche l'azienda, sullo slittamento del richiamo con l'intervallo di 6 settimane tra le somministrazioni, tema che tiene banco ormai da giorni nell'Italia impegnata nella campagna vaccinale anti Covid.

Il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, è chiaro sulla strategia che prevede una distanza di 42 giorni tra le due dosi del farmaco: "Da medico rispondo in maniera molto chiara: l'intervallo tra la prima e la seconda somministrazione" di vaccino anti-Covid a mRna "prolungato alla sesta settimana, quindi ai 42 giorni, non inficia minimamente l'efficacia dell'immunizzazione e ci permette di riuscire a somministrare molte più dosi di vaccino", dice Locatelli ad Agorà. "Capisco che chi lavora nell'industria abbia atteggiamenti molto protettivi rispetto agli studi condotti e questi studi riguardavano principalmente un intervallo di 21 giorni" fra le due dosi, "ma studi della vita reale che si sono andati ad accumulare hanno esattamente indicato quel che dicevo prima e affermazioni come quelle che abbiamo sentito ieri" da Pfizer "rischiano solo di creare sconcerto e credo che sarebbero auspicabilmente evitabili", aggiunge.

"Diamo fiducia alla scienza, 10 giorni in più non cambiano nulla". Lo ha affermato Francesco Vaia, direttore dell'Inmi Spallanzani di Roma, ospite della trasmissione 'L'aria che tira' su La7, tornando sull'allungamento del richiamo per il vaccino.

"E’ vero che hanno fatto il vaccino ma è anche vero che è stato certificato dagli enti regolatori. E’ una scelta che ci aiuta nel piano vaccinale ma fatta su valutazioni scientifiche", ha poi spiegato a Sky TG24, Andrea Costa, sottosegretario alla Salute, ospite di ‘Buongiorno’. "Siamo difronte non ad una scelta politica ma ad una scelta che la politica fa sulla base di valutazioni medico-scientifiche. Quelle di Pfizer sono parole che non aiutano a fare chiarezza perché se continuiamo dare messaggi non univoci e chiari, rischiamo di ingenerare un sentimento di confusione nei cittadini. La scelta di posticipare a 42 giorni la seconda dose è stata fatta sulla base di pareri del Cts che a sua volta si è rifatto ai pareri dell’Ema. Continuiamo su questa scelta perché supportata da pareri scientifici e dall’Ema".

Anche l'assessore alla Salute della Regione Lazio, Alessio D’Amato, difende la strategia regionale in merito al piano vaccinale ed in particolare sulla possibilità di allungare i tempi del secondo richiamo. Intervenendo nel programma 24 Mattino su Radio 24 ha anche indirettamente risposto a Pfizer che si era pronunciata negativamente rispetto a questa possibilità: "Le parole della direttrice sanitaria di Pfizer non mi sorprendono, l’oste è normale che dica che il suo vino è buono. Il problema qui è un ordine di sanità pubblica per avere un duplice obiettivo: aumentare la platea dei soggetti vaccinati dove sostanzialmente non cambia l’efficacia della protezione, perché noi abbiamo oramai sperimentazioni sul campo condotte su migliaia di utenti in cui già dopo la prima dose la protezione è già oltre l’80%. Credo che in una situazione come quella attuale, ancora di transizione come questo mese di maggio, in cui non abbiamo ancora tutte le dosi, perché nonostante gli sforzi encomiabili del generale Figliuolo le avremo a disposizione solo a giugno, io penso che la strategia di aumentare la platea è una strategia importante. Io posso solo dire che ieri per quanto riguarda il Lazio dopo sette mesi abbiamo avuto il tasso più basso di numero di casi positivi giornalieri per cui vuol dire che la direzione è quella giusta”, spiega.

"La questione dei richiami è una discussione del mondo scientifico, noi ci adeguiamo", ha spiegato il presidente del Veneto, Luca Zaia. "Quando ci hanno detto 21 giorni - ha precisato - abbiamo fatto 21 giorni, quando 42 ne abbiamo fatti 42. Ci adeguiamo al mondo scientifico. Fa testo quel che dice il ministero tramite il Cts, non sono aggiustamenti che facciamo noi. C'è stata una fase in via emergenziale, adottata solo dal Trentino, poi è comparsa la circolare sui 42 giorni", ha concluso.

Allungare a 42 giorni il tempo di somministrazione della seconda dose dei vaccini a mRna, "se pure non inficia, così come riportato nell’ultimo documento del Cts, l'efficacia della risposta immunitaria, rischia però di inficiare i percorsi terapeutici dei pazienti cronici e, con essi, le possibilità di stabilizzazione clinica magari faticosamente acquisita da queste persone per lo più giovani, con possibili ripercussioni in termini di aggravamento di patologie per loro natura invalidanti ed evolutive", sottolinea all'Adnkronos Salute l'immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di Medicina personalizzata. "Diverso sarebbe il caso di un intervallo a 21 giorni tra prima e seconda dose del vaccino che, in poco più di un mese, potrebbe permettere al paziente una ripresa rapida della terapia precedentemente interrotta, senza grossi rischi di comprometterne l’efficacia", evidenzia l'immunologo. "Riferiamoci, solo per esempio, al caso di una giovane paziente affetta da una connettivite e per questo costretta ad assumere un farmaco immunosoppressore con l’aggiunta, magari, di una copertura cortisonica - prosegue Minelli - Per convinzione condivisa sui tanti documenti ufficiali di riferimento, ma soprattutto per deduzione logica, sappiamo che la somministrazione di farmaci immunosoppressori in concomitanza della vaccinazione, di fatto, è in grado di ridurre la risposta al vaccino (per quel che attiene sia all’immunità umorale, che porta alla produzione di anticorpi circolanti misurabili, sia a quella cellulo-mediata che funziona con altre dinamiche). Pertanto, di quei farmaci, se ne consiglia caldamente la sospensione temporanea per un tempo utile a far sì che i loro effetti possano progressivamente spegnersi, così consentendo al vaccino di stimolare un’efficace risposta protettiva".

"Si procede, pertanto, alla prima sospensione della terapia immunosoppressiva almeno 15 giorni prima della somministrazione della prima dose di vaccino. Lo stessa accortezza - osserva Minelli - occorrerà mantenere in occasione della seconda dose e per alcune settimane dopo quest’ultima. Ma se così fosse, nel caso in cui si adottasse la regola dei 42 giorni, considerando i 15 giorni di sospensione precedenti alla prima e successivi alla seconda dose, il soggetto trattato con immunosoppressori resterebbe privo della sua copertura farmacologica per oltre due mesi. Ciò - conclude - che porterebbe ad una significativa compromissione di quadri patologici già diagnostici e magari in follow-up che, senza terapia, potrebbero riaccendersi, così invalidando protocolli rivelatisi in precedenza efficaci".

Ma cosa ha detto Pfizer? "Il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni. Dati su di un più lungo range di somministrazione al momento non ne abbiamo se non nelle osservazioni di vita reale, come è stato fatto in Uk. E’ una valutazione del Cts che ha delle sue basi, osserveremo quello che succede. Come Pfizer dico però di attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici, quindi la somministrazione a 21 giorni, perché questo garantisce i risultati che hanno permesso l’autorizzazione", le parole di ieri a Sky Tg24 Valeria Marino, direttore medico di Pfizer Italia in merito all’allungamento della finestra per la somministrazione della seconda dose.

Poi, oggi, la precisazione dall'azienda. Per Pfizer "non è in discussione il piano vaccinale" ma l'azienda "si limita a riportare quanto emerso dagli studi registrativi. Le raccomandazioni sui regimi di dosaggio alternativi sono di competenza delle autorità sanitarie - sottolinea - e possono includere raccomandazioni dovute a principi di salute pubblica".

"Come azienda biofarmaceutica che lavora in un settore altamente regolamentato, la nostra posizione è supportata dal riassunto delle caratteristiche di prodotto e dall'indicazione concordata con le autorità regolatorie sulla base dei dati del nostro studio di fase 3 effettuato con 2 dosi a 21 giorni di distanza", prosegue Pfizer. "Rimaniamo impegnati nel nostro dialogo continuo con le autorità sanitarie e i Governi, e nei nostri continui sforzi di condivisione dei dati per contribuire a informare qualsiasi decisione di salute pubblica volta a sconfiggere questa devastante pandemia".

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