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Piazza Fontana, Gifuni: "Anticorpi evitarono deriva estrema"

10 dicembre 2019 | 13.44
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Fabrizio Gifuni (IPA/Fotogramma)
Fabrizio Gifuni (IPA/Fotogramma)

La strage di piazza Fontana "è stato il punto di svolta che ha inciso e cambiato profondamente la storia di tutti noi, modificando completamente le carte in tavola e alzando il livello dello scontro. La bomba alla Banca dell'Agricoltura ha 'aperto' una scia di sangue che sembrava non finire mai. Da piazza Fontana, infatti, si è passati alla morte di Pinelli e poi a quella di Calabresi. Nel 1970 nacquero le Brigate Rosse. Chi ha ideato quella strage vigliacca ha ottenuto quello che si proponeva, cioè innescare una spirale di odio e di violenza che sfuggisse dalle mani di tutti gli attori presenti sul campo". La pensa così l'attore Fabrizio Gifuni, ricordando con l'AdnKronos la strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969, specificando però che la svolta "estrema" che si voleva ottenere "per fortuna fu sventata".

Gifuni nel film 'Romanzo di una strage' di Marco Tullio Giordana, che ricostruisce proprio quell'evento, interpretava il ruolo di Aldo Moro, all'epoca ministro degli Esteri. "Nelle ore successive alla strage - sottolinea l'attore - fu sventato il pericolo maggiore che la bomba si proponeva di ottenere, ovvero l'instaurazione dello Stato di polizia con misure di sicurezza eccezionali in grado di portare ad una svolta che assomigliasse davvero in modo marcato ai golpe che avvenivano in Europa in quegli anni. Questa deriva estrema - dice Gifuni - fu evitata perché fortunatamente gli anticorpi del nostro sistema democratico hanno retto bene in tutto quel decennio. Però il tentativo è stato molto forte e violento".

Il film di Giordana "è uno di quelli che resteranno. Per me è stata una grande esperienza. Avevo già lavorato con Marco Tullio Giordana - afferma Gifuni - in quel bellissimo progetto che è stato 'La meglio gioventù' e quindi tra di noi c'è stato un rapporto di grande complicità. Era la prima volta - ricorda - che si rappresentava Moro, svincolandolo dal momento finale e tragico della sua vita. Abbiamo sempre visto lo statista di Maglie sprofondare in quel pozzo nero del rapimento e dell'uccisione, mentre in questo film lo vediamo nel pieno della sua attività".

Uno degli episodi più interessanti del film "che non è stato messo a fuoco sufficientemente" è proprio "l'incontro tra Moro e Saragat alla vigilia di Natale, pochi giorni dopo lo scoppio della bomba. E' uno degli aspetti più nuovi e importanti raccontati dal film" afferma Gifuni. Si tratta di un incontro "protocollato al Quirinale come una visita per gli auguri di Natale". Però "per alcuni storici fu molto di più: Moro, che aveva già raccolto le prove della matrice nera della strage, con collusioni di Stati esteri", invitò il presidente della Repubblica ad una linea di maggiore prudenza, chiedendogli "che il tintinnare di sciabole si placasse", in cambio "del suo silenzio". Un silenzio dettato dalla necessità di "evitare esiti devastanti".

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