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"Please lasciate il cellulare". Nei salotti-bene lo smartphone si lascia all'entrata

20 ottobre 2014 | 19.58
LETTURA: 4 minuti

"Please lasciate il vostro cellulare, voi che entrate". All'ingresso dei salotti-bene ad accogliere gli ospiti che lasciano borse e paltò arriva anche il cofanetto per depositare il proprio smartphone. La battaglia di alcuni ristoranti contro l'uso del telefonino a tavola oggi comincia ad estendersi anche ai salotti privati, nel nome della buona conversazione senza il disturbo di continui bzzz, dlin dlin e squilli di ogni sorta. Ma cosa ci suggerisce il galateo in merito?

Il giornalista esperto di bon ton Nicola Santini, parlando con l'Adnkronos, ammette che nel quotidiano il cellulare è diventato una nostra appendice irrinunciabile, soprattutto legata all'amplificazione della vita 'social'. Ma non sempre l'utilizzo in pubblico del dispositivo mobile è determinato da buon senso e rispetto. Messaggi continui a tavola, squilli sul treno o in bus, suonerie improbabili che devastano l'udito, l'amico che interrompe improvvisamente la conversazione per l'ultimo selfie da postare: un bombardamento che a volte ci fa spalancare gli occhi. Se il cellulare fosse esistito nel Cinquecento, probabilmente monsignor Giovanni della Casa avrebbe scritto un trattato a parte. Nel Terzo Millennio invece niente trattati ma sicuramente una serie di norme di buona creanza che nel rispetto del prossimo ci aiutano a vivere meglio, anche in sicurezza, l'uso del nostro telefonino senza infastidire.

Al di là delle norme di sicurezza che ci vietano l'uso del cellulare alla guida e al di là dei cartelli che troviamo prima di entrare in ospedale, in un museo, in sala al cinema o in teatro che ci indicano di spegnere il cellulare, tra le prime regole di bon ton c'è quella di non parlare ad alta voce quando si riceve una telefonata in un luogo pubblico costringendo chi ci sta accanto ad ascoltare magari una conversazione imbarazzante. Sarebbe opportuno allontanarsi in una zona appartata per continuare a parlare con il chiamante. "Se non è possibile lasciare il posto in cui ci troviamo, allora sarebbe meglio trattenersi il minor tempo possibile al telefono usando un tono di voce basso", consiglia Nicola Santini. "Prima ancora al momento dello squillo del telefono è educato scusarsi con chi sta attorno a noi, anche con un solo gesto del capo", precisa Santini. E poi "è obbligatorio, non educato, richiamare quando si perde la telefonata".

Suonerie invadenti. Che odissea. Un inquinamento acustico a cui siamo esposti nostro malgrado. Sull'argomento Santini dice: "Perché? E' una cosa che va oltre la buona o cattiva educazione. Resta solo questo punto interrogativo".

A tavola, a meno che non si tratti di emergenze, il telefono è bandito: non teniamolo in bella vista accanto a forchetta e coltello. "La regola arriva dove non arriva il cuore, diceva mia nonna. In teoria il telefono - sottolinea Santini - andrebbe bandito dalla tavola ma è una norma poco applicabile oggi: sappiamo bene che i cellulari sono diventati estensione della mano destra. In questo caso, basta usare un po' di buon senso". Ad esempio: "è bene tenere silenzioso il cellulare quando siamo a tavola, soprattutto in caso di una cena formale. In caso dovessimo ricevere una telefonata urgente di lavoro o della baby sitter si dichiara prima ancora di sedersi: 'chiedo scusa ma dovrò ricevere una telefonata'. E' inutile giustificarsi quando il telefono sta già squillando".

Gli occhi puntati sugli schermi durante i pasti. "Già il galateo suggerisce che in presenza di due commensali a tavola - spiega l'esperto di bon ton - non si dia attenzione a uno solo di loro ma che la conversazione sia il più fluida possibile, figuriamoci se ci si distrae con lo smartphone", il nuovo aggiunto virtuale. Ammesso comunque l'invio di un messaggio veloce, "per dire, ad esempio, arrivo tra cinque minuti". O indicare il posto dove si è. Insomma informazioni, non conversazioni in presenza di altre persone. E allora si può sorridere pensando al dott. Raniero Cotti Borroni del film 'Viaggi di Nozze' che non spegneva mai il suo cellulare. Nemmeno sull'altare.

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