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Pressing su Renzi

07 marzo 2018 | 21.09
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Matteo Renzi (Fotogramma)
Matteo Renzi (Fotogramma)

Si stringe il cerchio attorno a Matteo Renzi. La minoranza di Andrea Orlando ha formalizzato oggi, in una riunione di area, la richiesta di dimissioni "effettive" del segretario nella Direzione di lunedì per "aprire una fase nuova", una fase di "gestione collegiale", a partire da subito. Una Direzione in cui il consenso a Renzi non sarebbe più così granitico come in passato. Anche da pezzi della maggioranza la richiesta di un vero passo indietro è condivisa.

Un clima che oggi in serata ha spinto il presidente demMatteo Orfini a puntualizzare in una nota: "Matteo Renzi si è formalmente dimesso lunedì. Come da lui richiesto nella lettera di dimissioni, e come previsto dallo statuto - ha proseguito - ho immediatamente annunciato la convocazione dell'assemblea nazionale per gli adempimenti conseguenti". "Continuare a discutere di un fatto ormai avvenuto - le dimissioni del segretario - come non vi fossero state non ha molto senso. Come non lo ha - ha aggiunto Orfini - disquisire del percorso conseguente le dimissioni che è chiaramente definito dal nostro statuto e che non consente margini interpretativi né soluzioni creative".

A guidare la fase di transizione verso il congresso e i prossimi delicati passaggi istituzionali, dovrebbe essere il vicesegretario Maurizio Martina che, proprio per il suo ruolo, potrebbe essere immediatamente operativo. "Si sta lavorando per arrivare una soluzione concordata evitando conte e lacerazioni", dice chi lavora alla mediazione. Una soluzione che passa inevitabilmente da cosa intenderà fare Matteo Renzi. Il segretario dem è a Firenze ma si tiene in costante contatto con Roma e chi lo ha sentito lo descrive "ben consapevole" della situazione. Dice un big renziano: "Matteo lo sa che la sua esperienza da segretario è chiusa, finita. E infatti è Martina a fare la relazione lunedì". Insomma, non sarebbe necessaria, per dire, la lettera formale di dimissioni in Direzione come richiesto anche da Zanda.

"Di certo - osserva il dirigente dem - quelli che non vedevano l'ora di chiedere la sua testa, ora lavorano solo e soltanto a questo obiettivo. Con il paradosso di non avere neanche una linea politica alternativa. Vogliono solo la sua testa...". Le parole di Franceschini ieri e di Orlando oggi, mettono tutto il Pd (tranne Michele Emiliano e i suoi) sulla linea renziana del mai al governo con i 5 Stelle. L'ipotesi di un governo con M5S, dicono dalla minoranza, "non è mai esistita. E' stata messa in giro ad arte per gettare fango su chi ha chiesto un vero passo indietro a Renzi e farlo passare per inciucista, attaccato alla poltrona...".

Scrive Andrea Orlando su Facebook: "E' stata una mossa brillante dal punto di vista comunicativo spostare il dibattito interno del Pd sul tema delle alleanze, anzi sull'alleanza con i 5stelle, oscurando così il tema del risultato elettorale. La discussione tuttavia mostra la corda. Il 90% del gruppo dirigente del Pd è contrario ad un'alleanza con il M5S".

Accanto al 'reggente' Martina orlandiani e franceschiniani chiedono che ci sia "una gestione collegiale e unitaria" per condurre il Pd non solo verso il congresso ma anche nei prossimi delicati passaggi istituzionali: elezioni dei capigruppo e dei presidenti della Camere e quindi la delegazione che andrà al Colle per le consultazioni.

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