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Previdenza, oggi su 'La Ragione' l’analisi sulle pensioni rosa curata da Ricolfi e Fond. Hume

18 maggio 2022 | 15.46
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Oggi la consueta rubrica settimanale del quotidiano d’opinione 'La Ragione - leAli alla liberta'̀ a cura del professor Luca Ricolfi e Fondazione Hume dedicata all’analisi quantitativa di tematiche di attualità parla di pensioni rosa.

Negli ultimi tempi si sente sempre più spesso parlare di gender pay gap, ovvero della differenza che intercorre tra uomini e donne in termini di retribuzione. Secondo alcune stime diffuse da Federconsumatori, le donne percepirebbero infatti uno stipendio in media più basso del 10% rispetto a quello dei colleghi maschi. Gli uomini sono inoltre avvantaggiati anche per quanto riguarda l’occupazione, con un tasso occupazionale del 68,7% contro il 51,2% femminile. Questa differenza dovrebbe trovare conferma anche sul versante delle pensioni, dato il maggior apporto contributivo assicurato dagli uomini.

Questi dati sembrerebbero avvalorare la tesi secondo la quale la disuguaglianza nel mondo del lavoro è trasferita anche sul campo previdenziale. Tuttavia, dopo una lettura più approfondita dei dati forniti dall’Inps è possibile notare come in realtà le donne, nonostante siano (e ancor più siano state in passato) in netta minoranza fra gli occupati, siano titolari del 55,7% del totale delle pensioni erogate. In particolare, rappresentano l’87,4% degli aventi diritto alla pensione ai superstiti, il 62,7% dei percettori di pensione sociale e il 58% dei beneficiari dell’invalidità civile.

Gli uomini risultano invece essere la maggioranza dei pensionati per vecchiaia (57%) e per invalidità previdenziale (55,2%). Dunque, se è vero che le pensioni percepite dagli uomini sono più alte rispetto a quelle erogate alle donne, è vero anche che queste ultime risultano essere titolari di un maggior numero di pensioni. Secondo i dati del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, illustrati nel grafico di accompagnamento ai testi, le donne rappresentano infatti l’assoluta maggioranza tra i beneficiari di pensioni multiple.

Quanto evidenziato finora suggerisce che il gender gap non sia particolarmente ampio nel campo previdenziale, dato che le donne – anche a causa della maggiore aspettativa di vita – sembrerebbero percepire una quota pensionistica superiore rispetto ai contributi versati. Ovviamente i dati sulle pensioni sono lo specchio di un mondo del lavoro del passato, un passato nel quale la disoccupazione femminile era ancora più alta e il gender pay gap più pronunciato. La speranza per il futuro è che le nuove generazioni di italiane siano messe nelle condizioni di poter contribuire maggiormente alla pensione delle proprie madri.

L’analisi completa di Luca Ricolfi e Fondazione Hume correlata dal commento a cura della redazione de La Ragione sono disponibili sul numero di oggi del quotidiano e per sempre gratuitamente sull’ app e sito web www.laragione.eu

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