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Imprese: private equity, visione strategica e risultati per manager ideale

14 aprile 2015 | 16.03
LETTURA: 4 minuti

Studio condotto da Wyser, società di ricerca e selezione di Gi Group.

Imprese: private equity, visione strategica e risultati per manager ideale

Visione strategica, orientamento al risultato e internazionalità: sono le prime tre caratteristiche richieste ai manager da inserire nelle società oggetto di investimento, tanto da essere state valutate importanti al 100% da parte degli operatori di private equity in fase di selezione dei candidati. E' quanto emerge dalla survey dedicata al private equity condotta da Wyser, la società di Gi Group di ricerca e selezione di profili di middle e senior management.

Lo studio, che evidenzia dunque il ritratto di un 'manager-imprenditore' rappresentativo di un nuovo corso per il comparto, è stato condotto su un campione rappresentativo di soggetti attivi sul mercato italiano del private equity, al 70% Sgr, a seguire investment companies e operatori internazionali impegnati per lo più in operazioni di buy out (55,9%) o espansione (41,2%) soprattutto in aziende tra i 25 e i 100 milioni di euro di fatturato (64,7%).

Tra le caratteristiche, subito dopo, con percentuali comunque altissime, intorno al 97%, si richiedono leadership ed etica. Seguono credibilità e reputazione, adattabilità e capacità di eseguire la visione strategica del private equity, tensione all’innovazione; da segnalare, inoltre, nella classifica delle competenze, la disponibilità al co-investimento giudicata importante con una percentuale del 76,5%, mentre chiude l’elenco la propensione al rischio, ritenuta importante solo dal 47,1% dei rispondenti.

“Etica e partecipazione all’investimento, in particolare, spiccano tra le competenze meno scontate richieste ai professionisti e riflettono un’importante evoluzione del settore, tipicamente specchio e antesignano dell’andamento del mercato generale, nonché leva di sviluppo in contesti bloccati", commenta Carlo Caporale, Senior Director Italy di Wyser.

"Oggi al centro si pone il rilancio e la piena valorizzazione delle aziende partecipate, spesso di origine familiare, ma di grandi prospettive per lo sviluppo internazionale - sottolinea - e da potenziare anche in termini organizzativi e di governance".

"Per le caratteristiche che sono emerse possiamo affermare - aggiunge - che il segmento del private equity si presenta come una prospettiva molto interessante per manager che abbiano rivestito ruoli da Ceo e Cfo concreti, attenti e di lunga esperienza che vogliano affrontare una nuova sfida professionale con un approccio da imprenditore”.

In materia di pacchetto retributivo previsto per questi ruoli, i rispondenti, aldilà della quota fissa, hanno indicato tra gli elementi presenti nella maggior parte dei casi i benefit (l’auto, in particolare, per il 79,4%), seguiti dal variabile annuale (Sti, Short Term Incentive per il 76,5%), dalla voce equity/stock options/partecipazione (per il 67,6%) e dal variabile di medio lungo periodo (Lti equity based) indicato con la stessa percentuale (il 61,8%) delle assicurazioni sanitarie.

E’ da evidenziare che per questi professionisti la remunerazione è composta in media solo per il 46% del totale da una componente fissa, mentre per il 18,4% da una quota variabile annuale e per il 35,3% da un variabile di medio/lungo periodo.

“La componente variabile per queste figure professionali - precisa Caporale - ha un peso decisamente superiore rispetto ai dirigenti d’azienda tradizionali, riflesso di una mentalità imprenditoriale che si richiede al manager anche dal punto di vista dello stipendio. La quota variabile è fortemente legata, infatti, ai risultati in una prospettiva sempre più di lungo periodo che si sposa con la condivisione degli obiettivi industriali del private equity. Da questo punto di vista, le aziende partecipate dal private equity rappresentano un’opportunità interessante anche per manager in uscita da grandi realtà disposti a 'recuperare' parte del loro compenso sul campo legandolo appunti ai risultati. Chiaramente questo richiede mentalità imprenditoriale, flessibilità e apertura al nuovo”.

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