Roma, 17 mar. (Labitalia) - "E' ormai indispensabile un intervento pubblico nell'economia, attraverso una politica industriale di ampio spettro che individui i settori strategici su cui puntare e attui misure di difesa dell'industria interna, nei comparti manifatturieri tradizionali". A dirlo 'Progetto 30', un gruppo di giovani professionisti che ha elaborato una serie di proposte politico-economiche. "L'industria italiana - fa notare Stefano Filippini Lera, esperto di Finanza d'impresa - appare oggi a due velocità: da una parte, alcune imprese medio-grandi capaci di ottenere primati nei mercati internazionali e, dall'altra, un vasto insieme di micro e piccole imprese che stentano ad andare avanti".
"Le ragioni per le quali le prime hanno successo - osserva - sembrano, almeno parzialmente, le stesse ragioni per le quali le seconde vanno male. Tali ragioni vanno ricondotte alla progressiva liberalizzazione del commercio internazionale che, aprendo le frontiere alla costruzione di catene di approvvigionamento globali, ha spiazzato il tessuto industriale italiano, rendendo necessario il raggiungimento delle dimensioni minime necessarie per sopravvivere nella iper concorrenza globalizzata".
"La iper concorrenza - avverte Stefano Filippini Lera - impone a tali imprese di crescere fino alla dimensione minima sufficiente ad allocare il capitale in maniera idonea ad ottenere i vantaggi di costo necessari a competere nelle regole (feroci) della libera circolazione di merci e capitali".
"La iper concorrenza - rimarca lo studioso - ha anche condotto allo sfruttamento dei paesi a basso costo del lavoro desertificando gran parte del tessuto industriale italiano e occidentale, generando al contempo situazioni di oligopolio da parte di società multinazionali in quasi tutti i settori".
"Ciò non nasconde - continua - l'esistenza di problemi interni al 'Sistema Italia' che necessitano di urgenti miglioramenti. Vanno tuttavia tenute separate le misure che promuovono una sana concorrenza foriera di benessere diffuso, da quelle che inseguono il modello della iper concorrenza snaturando la cultura di origine dell'impresa".