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Provenzano, Maria Falcone: "Nessun accanimento contro di lui"

13 luglio 2016 | 16.02
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(Immagine d'archivio Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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"La morte è un fatto naturale e nel caso di Provenzano è la fine di una vita non spesa bene, ma da cattolica quale sono non posso che auguragli che la sua anima abbia pace". A dirlo all'AdnKronos è Maria Falcone, la sorella del giudice antimafia ucciso nella strage di Capaci il 23 maggio del 1992 con la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, a proposito della morte dell'anziano capomafia corleonese, deceduto all'ospedale San Paolo di Milano, dove era detenuto al regime di 41 bis. Ottantatré anni, Provenzano fu arrestato l'11 aprile del 2006 dopo una latitanza lunga 43 anni in una masseria di Corleone, nel Palermitano.

Da tempo il suo legale Rosalba Di Gregorio aveva chiesto, senza ottenerla, la revoca del regime del carcere duro e la sospensione dell'esecuzione della pena per il suo assistito a causa delle sue condizioni di salute. Secondo diverse perizie, infatti, il padrino corleonese era ormai in uno stato vegetativo. "Non credo che nei confronti di Provenzano ci sia stato un accanimento - aggiunge Falcone -, il carcere duro è una misura necessaria per i mafiosi, per impedire loro di comunicare per l'esterno e continuare a dare ordini, come purtroppo accade. Il 41 bis non è una vessazione nei confronti dei boss, ma una necessità".

"Per quanto riguarda Provenzano - conclude la sorella del giudice antimafia - non sono un medico e non sono in grado di giudicare le sue condizioni di salute, ma sono certa che i giudici hanno attentamente valutato la situazione prima di respingere le richieste di revoca".

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