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Province a rischio caos, sindacati all'attacco: "Pronti a occupare le sedi"

03 dicembre 2014 | 18.43
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La denuncia arriva da Cgil, Cisl e Uil che puntano il dito contro il mancato riordino degli assetti territoriali: "Il tempo degli annunci e dei rinvii è scaduto, ci aspettiamo una convocazione o daremo battaglia"

Una manifestazione (Infophoto) - INFOPHOTO
Una manifestazione (Infophoto) - INFOPHOTO

Province a rischio caos per servizi e posti di lavoro. La denuncia arriva da Cgil, Cisl e Uil che puntano il dito contro il mancato riordino degli assetti territoriali. E annunciano: "Pronti a occupare le sedi delle amministrazioni provinciali".

Un pressing quello dei sindacati che mira ad ottenere la convocazione "immediata" del tavolo nazionale sul riordino degli enti locali, "finora sempre disattesa”, spiegano ad una sola voce Rossana Dettori, Giovanni Faverin e Giovanni Torluccio, segretari generali di Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl che alzano la voce: "il tempo degli annunci e dei rinvii è scaduto. Ci aspettiamo una convocazione ad horas, o daremo battaglia in tutti i luoghi di lavoro", assicurano.

D'altra parte, denunciano ancora, sulle province "siamo sull’orlo del precipizio: c’è il rischio concreto di un caos istituzionale con conseguenze drammatiche su servizi e ricollocamento delle professionalità”, mentre invece i sindacati avevano firmato un "accordo preciso con i governi nazionale e locali per un riordino vero dei livelli amministrativi e la tutela dei livelli occupazionali".

Per questo, "è inaccettabile che, dopo un anno, non si sia fatto nessun passo avanti sul riassetto delle funzioni, nessun progetto per la costruzione di reti territoriali di servizi e nessun piano per salvaguardare posti di lavoro e professionalità che servono ad assicurare scuole, viabilità, tutela ambientale, servizi all’impiego, supporto ai comuni”, incalzano ancora. "A pagare il conto dell’incapacità di Governo e amministratori, ancora una volta saranno i cittadini, che vedranno diminuire i servizi e aumentare le tasse locali, e i 56 mila lavoratori delle province, lasciati colpevolmente nel limbo dell’incertezza”, concludono.

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