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'Questa mano non e' mia!', cosi' svanisce la coscienza del corpo

26 marzo 2014 | 17.02
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'Questa mano non e' mia!', cosi' svanisce la coscienza del corpo

Milano, 26 mar. (Adnkronos Salute) - "Questa mano non è mia". Può arrivare a crederlo, perdendo addirittura sensibilità alla parte 'rinnegata', chi dopo un ictus o un'ischemia sperimenta una perdita di coscienza del proprio corpo. La causa è il danno riportato al cervello, più frequentemente localizzato nell'emisfero destro, che può indurre il paziente a non riconoscere come proprio un braccio o una gamba, affermandolo esplicitamente. L'arto viene letteralmente 'rifiutato' e attribuito a un'altra persona. A far luce sul fenomeno è uno studio italiano pubblicato online su 'Brain'. Il disturbo, noto come 'somatoparafrenia' - spiegano gli autori - non è psichiatrico ma neurologico, e può riguardare fino al 15% delle persone con lesione all'emisfero destro considerando le forme più lievi, di cui finora si conoscevano solo le caratteristiche cliniche.

Il lavoro, condotto da Angelo Maravita e Daniele Romano del Dipartimento di Psicologia dell'università di Milano-Bicocca in collaborazione con l'università di Pavia e l'ospedale Niguarda di Milano, ha evidenziato per la prima volti gli effetti fisiologici di questo disturbo - sottolinea la Bicocca in una nota - contribuendo a chiarire i meccanismi profondi alla base della perdita della coscienza del sé. E scoprendo che questo processo è così pervasivo che non si riescono a percepire più neppure le 'minacce' verso l'arto sentito come estraneo. L'esperimento è stato condotto avvicinando una potenziale fonte di dolore (un ago) all'arto di 3 gruppi di pazienti affetti da patologie che comportano perdita di sensibilità o movimento degli arti: somatoparafrenici, emiplegici e anosognosici. I somatoparafrenici, a differenza degli altri, hanno mostrato un'assenza di risposta di conduttanza cutanea all'avvicinarsi dell'ago, senza avere alcuna reazione.

"Il processo di perdita di coscienza del sé – spiegano Maravita e Romano, rispettivamente professore associato di Psicobiologia e dottore di ricerca nel Dipartimento di psicologia della Bicocca - è talmente profondo che non si riescono neppure a percepire le minacce e non si attiva nessuna reazione di difesa, nemmeno riflessa. Il disordine della coscienza indotto dalla lesione è tale che si arriva a un rifiuto incontrovertibile del proprio arto. Stiamo parlando di pazienti che non hanno alcun tipo di disturbo psichico e che sono in grado di intendere e volere", precisano gli autori.

"Eppure, anche se talora sono addirittura imbarazzati perché comprendono la stranezza di quanto affermano, continuano a sostenere che il braccio è di un'altra persona anche se attaccato al loro corpo".

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