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Quirinale, Messori: "2022 e 23 anni cruciali, evitare instabilità e incertezze"

24 gennaio 2022 | 15.12
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Per l'economista della Luiss ci sono vantaggi e svantaggi: "con Draghi a Chigi massimizziamo stabilità in breve periodo, al Colle nel lungo"

Quirinale, Messori:

Il 2022 e il 2023 "sono anni cruciali" in cui bisognerà avviare davvero le riforme contenute nel Pnrr e effettuare gli investimenti pubblici e sostenere quelli privati: "bisogna evitare incertezze e instabilità". Ad affermarlo all'Adnkronos è l'economista, Marcello Messori commentando la partita del Quirinale con occhio alle ripercussioni economiche. Il professore di Economia al Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss e Direttore della Luiss School of European Political Economy non si sbilancia sul futuro di Mario Draghi al Quirinale o a Palazzo Chigi. "Ci sono vantaggi e svantaggi" in ambedue scenari, spiega infatti Messori.

"Dopo l'approvazione del Pnrr e la definizione dei Milestone che il Governo si è impegnato a soddisfare, l'esecutivo- sottolinea l'economista - ha approvato lo schema delle riforme principali da effettuare. Nel 2022 e nel 2023 sarà necessario realizzare davvero queste riforme che devono servire ad effettuare investimenti pubblici e ad incentivare gli investimenti privati. Ora quindi si tratta di mettere davvero in atto le riforme ed è per questo che saranno anni cruciali per l'Italia", osserva Messori.

L'Italia, osserva l'economista, "con il Pnrr, diversamente dagli altri piani nazionali europei, ha privilegiato l'anticipo delle riforme da realizzare per effettuare gli investimenti pubblici e sostenere gli investimenti privati. Il piano nazionale prevede dei progetti e ogni progetto prevede una riforma per risolvere la questione dei colli di bottiglia che ci sono nel nostro Paese. Il Governo Draghi ha insistito sulla necessità di avviare inanzitutto le riforme e una volta avviate le riforme porsi il compito di realizzare gli investimenti pubblici e incentivare gli investimenti privati". Per Messori "avere successo in questo impegno è già difficile, farlo in una situazione di instabilità, con a livello politico o istituzionale forti conflitti politici e con partiti della colazione di governo che non perseguono obiettivi compatibili sarebbe un'impresa disperata".

Le elezioni, rileva Messori, "sono un fatto fisiologico e positivo delle nostre democrazie. E anche se ci sta che alla scadenza dei mandati ci si sia un aumento della conflittualità, questa volta è essenziale che la scadenze e i conflitti siano gestiti in modo appropriato per evitare incertezze e instabilità". Quello davanti a noi, rileva l'economista, "è un passaggio cruciale perché ci giochiamo il futuro dell'Italia e anche dell'Ue essendo il nostro Paese il maggior beneficiario degli aiuti europei. L'Italia deve avere successo nell'attuazione del suo piano affinché tutto il progetto europeo abbia successo: il Next Generation Eu è il primo passo verso la centralizzazione della politica fiscale europea", sottolinea Messori. Comunque, rileva l'economista, non bisognerebbe guarda solo alla fine del Pnrr, cioè al 2026: "il Next Generation Eu pone anche sfide economiche che vanno al di là del 2026: la transizione vedere, lo stop alle emissioni di Co2 entro il 2050, la trasformazione digitale...".

Per Messori, un Draghi al Quirinale o un Draghi a Palazzo Chigi sono due ipotesi che hanno vantaggi e svantaggi: "se ci fosse una continuità nel Governo e soprattutto nella gestione da parte del presidente del Consiglio, Mario Draghi massimizzeremo la stabilità nel breve periodo. Se Draghi rimanesse al Governo fino alla scadenza prevista in vista delle elezioni previste nella primavera del 2023 nel breve periodo sicuramente ci sarebbe la possibilità di portare avanti il piano in continuità". Naturalmente, osserva l'economista, "dopo il 2023 questa continuità potrebbe esserci o non esserci. Questo dipenderà dagli esiti elettorali e dalle scelte politiche o istituzionali che andranno fatte in quel momento".

Invece, rileva Messori, "se Draghi fosse eletto presidente della Repubblica avremo una minor stabilità nel breve periodo ma una continuità, a livello istituzionale, nel medio lungo periodo che garantirebbe stabilità". Insomma, spiega l'economista, "vedo vantaggi e svantaggi in ambedue le ipotesi. Se guardiamo al breve periodo sarebbe auspicabile la continuità operativa, se invece guardiamo all'orizzonte del medio-lungo periodo si potrebbe pensare anche all'altra ipotesi" : Draghi, aggiunge, "è una figura assolutamente importante per l'Italia data la sua reputazione a livello europeo ma bisognerebbe anche capire che un paese come l'Italia, che è la terza economia europea, deve mostrare una solidità politica e una stabilità che non sia basata su un'unica figura".

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